Nessuno può sapere come verrà ricordato tra qualche decennio questo Mondiale. Per noi spettatori neutrali – purtroppo perché il tifo per l’Italia lo avremmo voluto fare il più lungo possibile -, lo spettacolo non sta certamente mancando. Il calcio è uno sport episodico, vive di momenti fortunati o disgraziati: un portiere può fare il fenomeno per l’intera partita per fermare la grande favorita: un palo o una traversa possono cambiare l’umore di milioni di persone.
L’equilibrio non sta regnando sovrano. Non facciamoci ingannare dai risultati finali. Il Cile è una squadra altamente competitiva, mentre il Brasile sembra la copia sbiadita dei verdeoro che furono: magari vinceranno lo stesso – pensate cosa potrebbe accadere in caso di fallimento -, ma non stanno entusiasmando. L’Argentina gioca male, ma ha Messi e Di Maria: appena sbagli, ti puniscono. La Germania però prende a pallonate l’Algeria, il Belgio fa lo stesso con gli Usa, la Francia domina contro la Nigeria, nazionali che non sono più le vecchie e care cenerentole: ormai è impossibile trovare formazioni non preparate tatticamente (e difendersi, e basta, è sempre più facile) ai Mondiali.
Dagli ottavi subentra la paura. Le grandi favorite vogliono correre il minor numero di rischi possibili, le altre si chiudono e puntano sul contropiede. Siamo stati fortunati, perché le partite sono spesso andate come si auguravano le sfavorite, e noi ci siamo potuti godere supplementari, rigori, schemi saltati, tatticismi abbandonati. Emozioni pure. Quelle che si provano assistendo allo spettacolo sugli spalti, dimostrazione che è possibile fare tifo senza cori organizzati, facendosi trascinare dalla gioia della partita. È quasi un ossimoro: il risultato delle partite è di fondamentale importanza, ma si percepisce l’atmosfera di gioia e di leggerezza che pervade gli stadi.
Ed è un ossimoro lo stesso Mondiale. Conosciamo le proteste, sapevamo dei ritardi nella costruzione dei magnifici impianti, ci stupiamo relativamente quando leggiamo di un crollo di un ponte costruito proprio per la competizione iridata.
Oggi iniziano i quarti di finale. Impossibile fare pronostici: ora qualsiasi squadra, togliamo la Costarica, ha possibilità concrete di vincere il Mondiale. Io mi metterò tranquillamente davanti alla televisione nella speranza di godermi uno spettacolo emozionante. Le premesse ci sono tutte. E chissà che tra qualche decennio non ricorderemo Brasile 2014 come l’edizione dei numeri 10 (Messi, Neymar, Rodriguez) e dei giovani diventati stelle (Pogba su tutti).