Sabato comincia il Giro d’Italia, qui a Napoli. Lo aspetto da tanto tempo, il ciclismo mi è sempre piaciuto e l’opportunità di poterlo seguire da vicino, da addetto ai lavori, è un sogno che si avvera.Nibali, Wiggins, Evans, Cavendish, chi più ne ha più ne metta: in tv difficilmente perdo una gara (rischio di essere un tuttologo, ma lo sport lo guardo per intero salvo pochissime eccezioni), e l’occasione di vederli da vicino, intervistarli, fosse anche una foto-ricordo, non me la lascio scappare.
Però, per molti di loro, il mio sguardo sarà diverso. Non voglio pensare che l’intero mondo del ciclismo, così come quello dello sport in generale, sia preda del doping. Eppure, dopo la sentenza dell’Operacion Puerto, qualcosa è cambiato. Un anno al dottor Fuentes, quattro mesi a Ignacio Labarta, assoluzione per Manolo Saiz, Yolanda Fuentes e Vicente Belda. Accusati di aver dopato l’intero mondo sportivo (qualcuno poi ci spiegherà perchè vengono colpiti unicamente i ciclisti, chissà forse saranno i soldi). Un po’ come far esplodere una bomba ed esser punito con uno schiaffetto sulle mani.
C’erano il Coni, la Wada, l’Uci e la Federciclo spagnola che chiedevano l’identificazione delle sacche di sangue sequestrate a Fuentes. Niente da fare, il giudice con i paraocchi ha dato l’ordine di distruggere le sacche ed i computer sequestrati agli imputati del processo. Come gettare via anni di doping acclarato (i nomi non ve li sto nemmeno a nominare, basta prenderne uno a caso specialmente dallo sport spagnolo) per evidente e manifesta cecità. Addirittura lo stesso Fuentes si era offerto di riconoscere le sacche di sangue, niente.
Ciclismo, calcio, tennis, basket. Me ne sarò dimenticato qualcuno, ma in ogni caso la Spagna è riuscita negli ultimi 15 anni a primeggiare in ognuno degli sport citati. Ma ora, dopo la vergogna accaduta nel pomeriggio, cosa devo pensare? Un velo grigio chiamato sospetto cade su una nazione, quasi quasi preferisco le telecamere negli spogliatoi prima delle partite rispetto a questo schifo.