“Un uomo, una palla, 10 mila miglia“. Così Richard Swanson ha presentato la sua avventura: da Seattle a San Paolo a piedi, 16 mila chilometri, con uno zainetto, un sacco a pelo e un pallone blu tra i piedi. Obiettivo: arrivare in Brasile in tempo per il fischio d’inizio dei Mondiali 2014. Un’impresa a scopo benefico, con l’intenzione di donare palloni di calcio indistruttibili a ragazzi poveri dei Paesi in fase di sviluppo e di povertà. Già, perché la felicità a volte può essere racchiusa in una sfera di cuoio, l’amica che viene presa a calci, la compagna vita, la scusa e il motivo per fare nuove amicizie. Grazie a un pallone, persino l’intera vita può essere riscattata, le prossime generazioni sistemate per l’eternità. Succede a pochi, a quegli eletti cui Dio o chi volete ha donato un talento. Per quasi tutti i giovani, correre dietro a una palla rappresenta un’isola di felicità, attimi che quando si diventa più grandi verranno guardati col sorriso sulle labbra.
Richard Swanson è partito per far felice gli altri e per dare un senso alla propria vita. Ex investigatore privato, appassionato di calcio, era stato licenziato qualche mese fa da un’azienda di design. Giorno dopo giorno su Facebook foto e storie dei nuovi amici, su un diario online la cronaca del viaggio. Da ieri mattina, nessuna foto, nessuna nuova storia, niente avventure. Richard Swanson è stato investito da un camioncino. Non ce l’ha fatta, è arrivato in ospedale senza vita. E’ morto, dopo 430 km di viaggio. Non ce l’ha fatta, ma lo spirito di questa avventura è immortale, come scrivono su Facebook i suoi amici: ” Mancherà tantissimo alla sua squadra, alla sua famiglia, ai suoi amici e ai suoi cari. Nei nostri cuori sappiamo che ce l’hai fatta ad arrivare in Brasile”