Troppo facile dare solamente la colpa al calcio. Il mondo del pallone ha chiaramente le sue colpe, responsabilità figlie di dirigenti che sono occupati a gestire il potere, a scambiarsi favori, senza risolvere i problemi. Ci sono società che non tagliano i ponti con i gruppi organizzati, che pagano le trasferte ad alcuni tifosi, esistono norme che inchiodano solamente i club. E’ la famigerata responsabilità oggettiva, ovvero non pagano i singoli responsabili, ma le squadre, viene punita la collettività, non il singolo.
No, non è colpa solo del calcio. Se un gruppo di persone minaccia di morte un gruppo di persone abbiamo un problema. Abbiamo un problema se lo Stato non riesce a far rispettare le leggi vigenti, se non riesce a garantire l’ordine pubblico. Perché se i giocatori della Nocerina cedono alle pressioni degli ultras significa che non credono verranno tutelati dallo Stato, significa che sono consapevoli che a quelle persone che hanno minacciato loro di morte accadrà poco.
E la questione diventa sempre più corposa, pesante come un macigno, quando si pensa che alle origini dell’odio calcistico c’è un deficit di cultura spaventoso. E’ un cambio radicale di pensiero quello che serve, una educazione che deve essere insegnata nelle scuole calcio, nelle classi in giro per l’Italia. I primi a dare l’esempio devono essere i diretti protagonisti, quei calciatori che vengono idolatrati dai ragazzini. E’ un lavoro lungo, lunghissimo, ma da subito serve uno Stato che faccia lo Stato, leggi – ci sono, tranquilli – che vengano applicate, i responsabili puniti. E questo è un grande problema. Forse, il più grosso.