Prima di Senzaudio e dopo Senzaudio. Per certi versi la mia esperienza di lettore può considerarsi riassunta da questa semplice affermazione. Prima di iniziare a parlare di editoria indipendente ne sapevo talmente poco che ero convinto che gli autori che pubblicavano con un piccolo editore non fossero abbastanza bravi per una major editoriale. Sto estremizzando, ovviamente, ma la mia opinione derivava anche da una percezione diffusa del fenomeno. Se Mondadori ti pubblica lo fa perché vali come scrittore, vero? Ehm…
Dopo Senzaudio ho capito che spesso il motivo per cui un libro viene pubblicato da un piccolo editore e non da Einaudi è impossibile da identificare. Allo stesso tempo, un libro edito da Feltrinelli rischia di finire al macero dopo un mese. La cosa più importante poi è che un libro è bello a prescindere da chi lo ha pubblicato.
Poi però è successo qualcosa che ha messo a repentaglio la mia immagine romantica di giovane editore, giovane editrice che sfilando un plico da una pila mastodontica e rischiando di rimanere seppellito dalla slavina che ne consegue scopre il capolavoro definitivo.
Recentemente ho avuto modo di chiacchierare con un amico scrittore il quale, mentre mi raccontava di aver messo il punto conclusivo all’ultima e definitiva stesura del suo nuovo libro, mi confessava di essere preoccupato di non riuscire a trovare qualcuno che glielo pubblicasse. Avevo letto il suo libro precedente, sapevo di cosa era capace e quindi non vedevo nelle sue parole un accento sulla qualità di quando aveva scritto. Per scrivere bisogna avere un ego ben sviluppato, credere nelle proprie possibilità, essere pure sfrontati se serve. Lui, anche se non avesse questi tratti caratteriali, scrive dannatamente bene. Allora ho indagato, gli ho chiesto il perché di questo suo pessimismo e la risposta che mi ha dato mi è sembrata, lì per lì, un’esagerazione dettata dalla stanchezza, dal caldo africano, dal vuoto che c’è dopo che hai finito una cosa importante. “Perché nessuno legge più i manoscritti.”
Certo, gli ho risposto, nessuno legge più i manoscritti in Mondadori, Mondazzoli o come diavolo la chiamano. Però, ragazzo mio, c’è la piccola e media editoria, ci sono decine e decine di case editrici con un catalogo dalla qualità immensa che leggeranno più che volentieri ciò che hai scritto. Sai, il loro lavoro è quello di scoprire il meglio della letteratura italiana ed estera. Ci campano con sta cosa.
L’amico scuote la testa, sconsolato. No, mi dice, io dei grandi editori nemmeno mi fermo a parlarne, sono i piccoli che non leggono più i manoscritti. Un mio amico editore mi ha confessato che non riesce a starci dietro, che arrivano decine di manoscritti al giorno, centinaia al mese, migliaia in un anno e non hanno risorse sufficienti a spulciare tra quella massa informe di carta e inchiosto.
Chiudiamo la conversazione, ci salutiamo e le sue parole mi rimangono in testa. Ci penso per giorni e continuo a chiedermi, se la risposta alla domande “chi legge i nostri manoscritti?” è “Nessuno”, da dove arrivano tutti quei libri che leggo, che leggete, che pubblicano le piccole e medie case editrici?
Mi era sembrata una domande superficiale, ma più me la rigiravo in bocca e più prendeva corpo. Chi legge i nostri manoscritti? e di conseguenza, da dove arrivano i libri che compriamo?
Ho rivisto l’amico, gliel’ho chiesto. Dalle agenzie letterarie, da un amico che conosce un amico di un amico, da vie traverse insomma.
Ecco, ho pensato, io che ho un’idea romantica dell’editoria indipendente, come ultimo baluardo contro l’assurda mercificazione della letteratura, io che ci credo ancora (così almeno mi dicono) mi trovo di fronte ad una persona che svilisce il mio credo paragonando le case indipendenti a quei posti di lavoro dove entri solo per raccomandazione.
Io non ho argomentazioni per ribattere a questa visione, ma voi sì, giusto? Voi che li leggete i manoscritti, voi che pubblicate i libri di pinchi e pallini che non avete mai visto in vita vostra, voi potreste dirmi come funziona davvero.
Anche se io, che sono disincantato, credo che la verità stia nel mezzo.
Credo che il mio amico pubblicherà il suo libro e che il libro avrà successo perché un ragazzo o una ragazza che lavorano in una casa editrice indipendente avrà pescato il suo manoscritto nel mare galleggiante di buste gialle e, nel leggerlo, si sarà accorto di quanto spettacolare sia.
Da qualche altra parte, qualcuno, pubblicherà il figlio del droghiere sotto casa.