La cresta dell’upupa – Daniele Borghi – Ensemble edizioni
Raccontare le emozioni che la lettura di questo libro mi ha regalato, è una gran bella cosa. La cresta dell’upupa, scritto da Daniele Borghi e pubblicato da Ensemble edizioni, è un romanzo che io definirei positivo, duro ma incoraggiante, a tratti divertente, ma soprattutto ripeto incoraggiante, ti fa venire voglia di affrontare la vita, con determinazione, testardaggine a volte, e pure con pochi mezzi, quelli che hai a disposizione. Utopia? Mah, decidetelo voi, io direi di no, ma si sa ogni lettore scrive in un certo senso il suo finale di un libro.
Leggere questa storia è come ascoltare un pezzo jazz. Tempo addietro, un amico mi spiegò in poche semplici parole, che un pezzo jazz ha sempre una struttura standard, è costituito da tre parti, che io spero di riportare con sufficiente correttezza: l’apertura, lo sviluppo di un tema (che è la parte centrale e più corposa del pezzo), e la chiusura che va a riprendere l’apertura iniziale. La cresta dell’upupa è costruito allo stesso modo.
Tre sono anche i personaggi principali, e al primo che conosciamo l’autore ha dato un nome che più adatto non poteva essere: Migliore. Il protagonista assoluto di questo romanzo vuole una vita migliore, ha un’idea migliore, compie l’azione migliore. È un sognatore, un visionario, una persona che si accontenta delle cose ma non si accontenta della vita, aspira a qualcosa di grande, concreto, ha un progetto da realizzare. E probabilmente per questi motivi ha un solo amico, anche lui con un nome più che azzeccato in quanto unico, amico: Diandro. Vive in un posto unico, originale, anche Diandro, si occupa di traslochi ed è un gran lettore, come noi. Si dice spesso che i veri amici si contano sulle dita di una mano e, aggiungo io, c’è da augurarsi di non avere dita mozzate di questi tempi, e in quanto unico amico di Migliore, Diandro e’ uno di quelli lì, un amico vero, che non fa domande inutili, che non fa calcoli, che è amico e basta. Punto.
Terzo personaggio principale in ordine di comparsa, ma seconda donna che appare nel romanzo, è Xenia. A differenza di Diandro, Xenia non vive in un posto unico, non ha nemmeno un amico o amica, non ha progetti, non può accontentarsi perché non ha nulla, non possiede nemmeno se stessa né il suo corpo. Avete capito dove “vive e lavora”.
Complessivamente Daniele ha dato vita ad un trio molto variegato, attraente, ognuno dei componenti richiama l’attenzione, la simpatia e l’affetto dei lettori, per un aspetto specifico della sua vita, e nella loro diversità arriveranno ad unirsi, a diventare un qualcosa di originale perché accomunati tutti da un unico desiderio di realizzazione.
La storia è semplice, Migliore vuole a tutti i costi raggiungere il suo obiettivo, crede profondamente nel suo progetto, ma come ho già detto i mezzi a disposizione sono quelli che sono, ben pochi e decide quindi di cercare aiuto. Ci prova, fatica, patisce profonde delusioni, ma nonostante tutto va avanti, con le sue forze, inventandosi percorsi alternativi. E le strade nuove, sconosciute sveleranno nuovi inciampi, genereranno nuove riflessioni, daranno vita a curiose sorprese.
La scelta dell’ambientazione è ottima a mio parere. Roma, con il suo vasto territorio, con la sua ricchezza di opportunità positive e negative, con la varietà della popolazione che la abita, Roma, capitale di un’Italia che pur nel suo stato di sfacelo generale, mantiene spesso nascosto o soffocato, uno spirito costruttivo e di rivalsa, è un territorio adatto a ciò che Daniele racconta. La storia si sviluppa con rapidità, non presenta particolari cali di tensione, ma è anche evidente che il nostro non è ancora Stephen King o Bernard Malamud o Raymond Chandler. C’è spazio per migliorare e con analoga onestà e con lo stesso sguardo ottimista con cui Daniele scrive, va detto. Bisogna migliorare, crescere, perché la voce narrativa di Daniele funziona, Daniele ha le idee chiare e ci regalerà certamente nuove storie di cui godere.
Buona lettura. Claudio Della Pietà.