La polemica su Erick Priebke, nazista mai pentito, che fino all’ultimo ha rivendicato di aver soltanto “obbedito agli ordini”, sta tirando fuori, ancora una volta, il peggio del popolo italiano.
Abbiamo trovato un mostro (non “il” mostro: uno dei tanti) e adesso che non c’è più ci riscopriamo tutti “partigiani”, attivissimi nell’impedire un funerale.
Cosa pensare di Priebke? Nulla. La storia ha parlato. Ha parlato di stragi, vecchie di 70 anni, e di connivenze, durate fino a 20 anni fa. Ha parlato di ideologie che sono state superate e sconfitte dalla storia, non dalla guerra. Tutto il resto, è solo il delirio di un vecchio in punto di morte, disperato e aggrappato all’ultimo tentativo di giustificare un’esistenza che la storia ha già ben giudicato come infame e vigliacca.
Ma Priebke, oggi, per l’Italia è “il mostro”. Facile: è morto. Ma quanti Priebke ci sono in Italia, oggi? E’ forse meglio chi ha messo le bombe a Piazza Fontana, a Bologna, a Firenze, o chi ha aiutato a nascondere i responsabili di Ustica, le stragi di mafia e tutte le belle cose che passano sotto silenzio?
Fa più schifo (passatemi il termine) un vecchio rincoglionito (passatemi il termine) di 100 e passa anni, che blatera cose senza senso e senza logica, o il mafioso che ha strangolato un bambino, lo ha sciolto nell’acido, ha fatto saltare in aria Falcone e Borsellino, ha commesso più di 100 omicidi e che gode dei benefici di “pentito”?
Io sono un po’ scettico.
Da cristiano, penso che Erik Priebke non mi riguardi più. Da ateo, penserei che l’infamia lo coprirà nei secoli come lo ha coperto negli ultimi 70 anni.
Oggi però credo che pesi meno la responsabilità di un uomo come lui di quanto pesi la responsabilità di un paese per quanto accade ogni giorno.
Per questo, mi chiedo se davvero sia più importante sensibilizzare le masse, attraverso i media, sui pericoli e gli orrori del nazismo (che non nego), rispetto alla necessità di far conoscere la storia di oggi, la storia degli ultimi trent’anni, che troppo spesso si ha paura di affrontare, perchè ci costringerebbe a guardarci allo specchio, per capire se davvero oggi siamo ancora partigiani del nostro tempo, difensori del nostro paese e della libertà.
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