Il silenzio è musica. Di primo acchito non si può considerare questa allocuzione come un ossimoro. Una contraddizione in termini. Tuttavia, una volta subentrata la speculazione, la riflessione filosofica, il legame tra il silenzio e la musica sarà manifesto. Addirittura abbacinante. La musica crea il silenzio. Di più, lo esige. Quando il direttore si accinge a dare inizio alla melodia la platea ammotulisce. Il chiacchiericcio di sottofondo cessa, così come lo sbattere delle porte o gli strepiti delle maschere. L”inizio del brano, o più generalmente delle note impone la fine di ogni rumore e dunque l’inizio del silenzio. E non si abbia di questo un’opinione negativa. Non è null’altro che una dimensione perduta da riconquistare, una patria ripudiata e conquista di cui riappropriarsi.
In tale ottica si configura come la condizione necessaria per ascoltare il fluire della nostra anima. Infatti la musica, più di tutte le arti, ci permette di metterci in contatto con la nostra essenza profonda. Ci permette di attingere a piene mani. O almeno ciò ci è permesso dalla buona musica. L’orror vacui che consta la nostra epoca ci ha portato, purtroppo, a tappezzare i nostri padiglioni auricolari di cacofonie, accozaglie di suoni e motivetti elementari che non fanno altro che tradire lo scopo più celato della musica. Essi infatti sono dei divertisment, avrebbe detto Pascal. Distrazioni, che distolgono, annebiano. Sono leggittime e, a piccole dosi, persino utili, ma, pur non avendone alcun titolo, vi lancio un invito. Di quando in quando ascoltate buona musica. Tacete. Fate tacere tutta la casa. Lasciate sia l’arte a parlare. E ascoltate voi stessi. Prestate orecchio a quel vasto fiume che è l’anima umana.