Prendo in mano questo libro e la prima cosa che mi chiedo è: per cosa sta la N nel nome?
Poi inizio a leggerlo e non la smetto più, se non fosse che la vita è costellata di quei piccoli problemi chiamati, cibo, lavoro, vita sociale, asilo del bimbo posso tranquillamente affermare che non avrei messo giù “L’inondazione” se non dopo averlo concluso. Ed invece non è andata come speravo e le suddette ragioni hanno dilatato il tempo di lettura fino a farlo arrivare a tre giorni. Tre giorni nei quali ogni momento era buono per prendere in mano il libro di Adrian Bravi e leggere velocemente alcune pagine.
Di che parla un libro che si intitola “L’inondazione”? Di un’inondazione, naturalmente. Ma parla anche di gente che se ne va, di gente che resta, di Yacaré, di cinesi e giapponesi, di Turchi che invece sono Iraniani e di un cane di nome Clemente talmente coraggioso da farsela addosso.
E’ la storia di Rio Sauce che improvviso viene inghiottito dalla piena del fiume e sparisce quasi completamente sott’acqua. Gli abitanti si arrangiano come possono e cercano rifugio nel paese vicino, come sfollati. Tutti tranne uno. Il vecchio falegname Morales.
Perché Morales decide di stabilirsi nella soffitta della sua casa? Sta davvero aspettando che l’acqua, come è arrivata, se ne vada anche via? E’ questa la giustificazione iniziale, ma mano a mano che il libro procede a questa se ne sommano altre. Sì perché Morales decide di tenere compagnia anche ai suoi morti. La moglie, la figlioletta morta a 4 anni per annegamento (che tragico destino, annegare anche da morta) e il padrino, colui il quale si era dato il sogno di costruire il primo teatro lirico di Rio Sauce, e che morì prima di veder sorgere, su quel lotto, la falegnameria del vecchio Morales.
Gli altri sono scappati, pensa Morales, perché è troppo facile voler stare all’asciutto, lui invece rimane. Rimane come guardiano, anche se gli sciacalli si abbattono con furia sul paese. Rimane perché non ha altro che quella casa semisommersa. Rimane anche a discapito dell’incontro con alcuni yacaré, una sorta di coccodrillo dal muso preistorico, uno dei quali si stabilisce nella cameretta della figlia ormai defunta di Morales e ingurgita chili di carne generosamente offerti dal vecchio falegname.
Morales aspetta, aspetta l’arrivo dei Cinesi che, si dice, vogliono acquistare il paese così come si trova per specularci. Li aspetta come si aspettano i tartari, senza conoscere il proprio destino. E mentre aspetta non capisce più se sia meglio che l’acqua si ritiri o che tutto rimanga così.
E alla fine, l’acqua scende e Morales fa quello che egli ritiene sia giusto fare.
Leggere “L’inondazione” di Adrian Bravi è una di quelle esperienze che sai già si ripercuoteranno sulle letture future. Cercherai in tutti i modi di recuperare i lavori passati e li leggerai nonostante gli impegni e le pile di libri che già ti aspettano. La sua narrazione, in questo libro, è una tipica narrazione di scuola sudamericana. Una voce che mi ha ricordato i grandi personaggi di Marquez che vivono attendendo qualcosa che non arriverà mai e certe narrazioni di Alvaro Mutis con dei personaggi che sembrano sedersi alla tua tavola. E’ stato puro piacere di lettura. Bravi ha creato un’atmosfera bellissima, ha reso i personaggi umani, ha dato vita ad un paese che in fin dei conti è morto annegato e in tutto questo ci ha piazzato il vecchio falegname Morales, una persona meravigliosa, testardo come pochi e con un cuore grande come una casa (non allagata).
Spesso mi trovo a consigliare (anche quando non mi è richiesto) libri alle persone. Mi capita di dover decidere quale libro consigliare ad una determinata persona. Nel caso de “L’inondazione” non avrei problemi a consigliarlo a tutti.
Quando Nottetempo pubblica libri così cosa le vuoi dire? Le vuoi dire di continuare su questa strada che la percorreremo assieme.
Adrián N. Bravi (San Fernando, Buenos Aires, 1963), vive a Recanati e lavora come bibliotecario presso l’università di Macerata. Nel 2004 comincia a scrivere in italiano: dopo l’esordio con Restituiscimi il cappotto (Fernandel, 2004), ha pubblicato con nottetempo La pelusa (2007), Sud 1982 (2008), Il riporto (2011), L’albero e la vacca (nottetempo/Feltrinelli 2013) con il quale è stata inaugurata la collana indies di Feltrinelli e ha vinto il Premio Bergamo 2014. Nel 2015 l’editoriale argentina Sofia Cartonera ha pubblicato una breve raccolta dei sui racconti, Después de la línea del Ecuador. Nel 2012, il cortometraggio di Andrea Papini ispirato al romanzo Il riporto ha vinto la prima edizione del Premio Bookciak 2012. I suoi libri sono stati tradotti al francese, all’inglese e allo spagnolo.