Qualificazione per i Mondiali 2006, India, Calcutta, Stadio Salt Lake. Una folla di centocinquantamila persone dona vita all’impianto. Tutti presenti per assistere a India-Giappone, partita dall’esito incredibilmente scontato: all’andata era finita 7 a o per i nipponici, all’epoca guidati dalla panchina da uno dei giocatori più forti nella storia del calcio. Il suo nome è Zico, nel frattempo diventato idolo delle folle orientali; a fine partita, incredulo, afferma che gli sembra di essere tornato giovane ai tempi del Maracanà, quando lui era l’idolo di altre folli, della sua gente. “E’ fantastico vedere la squadra di Zico in azione” – dichiarava Chuni Goswami, vecchia conoscenza e gloria del calcio locale – “La sola presenza del grande maestro in città ha messo sottosopra tutti i fans”.
Tra parentesi, la partita finirà 4 a 0 per gli uomini del Sol Levante, ma non ci sono fischi, contestazioni, mugugni, disinteresse. Già, perché in India il calcio è un’idea platonica, una pura illusione e magia. L’idolo è ancora Pelè, venuto a giocare nel lontano 1973, seguito da chi? Ma da Maradona, ovvio. E durante i Mondiali di calcio sono due le squadre giocate: la maggioranza è per il Brasile, poi c’è l’Argentina. Lì il tifo diventa anche sentito, non ai livelli del cricket. unico sport nazionale, grande industria locale (il campionato ha venduto i diritti di trasmissione globale fino al 2017 a 1.026 miliardi di dollari). Ci potremmo interrogare sulle ragioni che spingono gli indiani a impazzire per il cricket. sport portato dagli inglesi così come il calcio. Il football, però, non è mai decollato in India, secondo Paese al mondo per popolazione con il suo miliardo e duecento milioni di abitanti (sì, avete capito bene). Nessuna partecipazione ai Mondiali: nel 1950 erano stati invitati per partire in Brasile, partenza mai effettuata causa, si dice, la mancata concessione di poter indossare gli incontri senza scarpe. Scalzi, già. Come avevano giocato due anni prima a Londra, Olimpiadi, perdendo 2 a 1 contro la Francia nel tempio di Wembley. Non male.
L’India però si è fermata lì. Niente Mondiali, campionato locale che non decolla. Possibile? L’amore per il calcio esiste, ma è circoscritto, schiacciato dal cricket. Serve una svolta, quella che è in corso. Sì, perché nel 2014 in India partirà un nuovo campionato, che affiancherà quello tradizionale, l’Indian Super League (ISL). Al campionato parteciperanno otto squadrre (Bangalore, Delhi, Goa, Guwahati, Kochi, Kolkata, Mumbai e Pune), ognuna con un massimo di sette giocatori stranieri, con l’obbligo di schierare almeno cinque giocatori indiani e la possibilità di ingaggiare solo un calciatore al di fuori dai limiti salariali imposti. Regola messa lì per poter catturare qualche stella mondiale. Funziona? Funzionerà, fidatevi. Non finisce qui, perché le squadre potranno essere sponsorizzate da un investitore straniero. Ci pensa Della Valle con la sua Fiorentina: acquistato il Pune, squadra allenata da Franco Colomba, vecchia conoscenza del nostro calcio, che potrà allenare altri due italiani, Bruno Cirillo ed Emanuele Belardi. La stella è però David Trezeguet, campione d’Europa e del Mondo, primo bomber straniero nella storia della Juventus.
E poi c’è Del Piero. Un mito senza confini. Alex è un idolo in Giappone dai tempi della Coppa Intercontinentale del 1996, ha giocato per due stagioni in Australia con la maglia del Sydney, e ora, a 39 anni (40 il prossimo 9 novembre), la decisione di continuare a giocare. Potrebbe ritirarsi certo, ma perché smettere se il calcio continua a essere un divertimento, se il calcio gli permette di accrescere la sua fama e popolarità (euro compresi)? Abboccamento estivo con diverse squadre, poi la scelta: si va in India, si va a Delhi. si diventa ambasciatore del calcio in India, si riabbraccia lo storico compagno David Trezeguet.Perché questo ormai è diventato Alessandro Del Piero da Conegliano: esportatore di lusso del football. E lasciamo stare le polemiche di qualche politicante di turno (la Meloni in questo caso per i marò) per non sporcare una storia. L’India ora gioca pesantemente. Tenta il tutto per tutto per far crescere il calcio. C’è bisogno di stelle, di giocatori conosciuti e apprezzati globalmente: arriva Del Piero, c’è Gullit come allenatore. L’amore platonico per il calcio esiste, ora bisogna trasformarla in passione, perché la missione ultima è far innamorare i ragazzi di questo sport.