Lo so, non si dovrebbe iniziare una recensione parlando della copertina. Ma come si fa, dico io? Come si fa a non restare a guardare la copertina di Mirko Visentin e attendere il momento in cui quei pesci minacciosi salteranno fuori dalla carta per addentarci il viso? Peggio che nei peggiori incubi post visione del film “Piranhas”.
Pero, pur partendo dalla copertina, un passo dentro la recensione vera e propria l’ho fatto. I racconti che troverete nella raccolta “Il nostro mondo morto” della boliviana Liliana Colanzi sono esattamente come quei pesci. Sembrano nuotare tranquillamente in acque pacifiche fino a che con un balzo non arrivano al nostro collo.
Nel solco della tradizione latino americana del racconto, Liliana Colanzi confeziona una raccolta di otto racconti molto pregevoli. Una raccolta in cui il misterioso, il magico, il terrificante si mescolano al quotidiano e al banale. L’effetto shock deriva proprio dal contrasto tra ciò che ci aspettiamo di trovare e ciò che realmente troviamo. Ferma restante l’aura minacciosa che si percepisce fin dall’inizio di ognuno dei racconti. Quell’angoscia montante che rende piacevole la lettura di un tale genere di racconti. Non voglio scomodare i maestri del genere. Il continente latino americano ha prodotto esempi magistrali di letteratura breve. Esempi dai quali sono certo che Liliana Colanzi attinga per dar forza alla sua narrazione.
Gli echi e i rimandi ai grandi del passato sono evidenti e percepibili in ognuna di queste otto brevi opere.
Quello che fa Liliana Colanzi, secondo il mio modesto parere, è di solidificare le paure dell’essere umano. Per far ciò scende nel campo del misterioso, del sovrannaturale. I protagonisti dei suoi racconti hanno a che fare con manifestazioni delle proprie angosce e delle proprie paure che vanno al di là del carattere reale. Ne “L’onda” quella che viene descritta con toni ambigui sembra essere la trasposizione alla King della depressione che ingoia tutto e tutti.
Ecco, anche King potrebbe essere uno dei padri putativi di Liliana Colanzi, bisognerebbe chiederglielo.
Fino ad allora, fino a che non avremo una risposta definitiva sulle fonti della sua bravura non ci resterà che leggere “Il nostro mondo morto” sperando che i pesci in copertina stiano dove sono e che l’angoscia che ho provato vi faccia compagnia. Un bell’augurio, vero?
Una menzione alla traduttrice Olga Alessandra Barbato che ha reso palpabile l’angoscia anche per chi non legge in spagnolo.
Liliana Colanzi, vincitrice del Premio Internacional de Literatura Aura Estrada 2015, nasce in Bolivia nel 1981. Prima di Il nostro mondo morto, ha pubblicato altre due raccolte di racconti: Vacaciones permanentes nel 2010 e La ola nel 2014. È considerata una delle più promettenti giovani scrittrici latinoamericane.