Tante persone, amanti della buona letteratura, attendevano il romanzo di Crocifisso Dentello, e noi di Senzaudio eravamo lì in fila da tempo, abbiamo dormito nei sacchi a pelo innumerevoli notti pur di non perderci questa uscita che rimarrà nei ricordi dei lettori forti. Detto questo, personalmente incontro Crocifisso Dentello e sfioro il suo romanzo, senza ancora conoscerne il titolo, per caso, ma non ad una presentazione qualsiasi e tantomeno di un libro anonimo. È un segno.
Lì si conoscono tutti, sono grandi amici, si beve e si mangia appoggiando bicchieri e cartocci di patate fritte sul pavimento, si ascolta l’autore, ma anche gli ospiti possono parlare anzi, quasi più dello scrittore, e lui è pure contento. Lo conosco bene, è del mio paese natale, e questo mi regala un certo equilibrio psicologico, dopo qualche attimo di disorientamento per questa presentazione sui generis. La chiamano anche “Reading”. Capisco subito, dallo sguardo di Crocifisso e da poche parole, che l’occasione di leggere e di godere di questo lavoro letterario,
“Finché dura la colpa”, sarà un privilegio, un dono, una possibilità, e lo confermo deciso ora, con questa riflessione personale, desideroso che tantissimi leggano questa storia.
Una schiera di personaggi ruota attorno ad un fuoco vivo. Inconsapevole assiste ad una gara di equilibrismo durante la quale Domenico rimane sempre in bilico tra “vittimismo e odio per se stesso”. Un pesce fuor d’acqua è l’immagine più evidente che Domenico dà di sè dopo poche pagine, ma il pesce così morirebbe, mentre Domenico è più vivo che mai.
Domenico, nella sua feconda indolenza, si trova tra incudine e martello, e più il tempo passa, più aumentano coloro che lo opprimono, che lo scuotono agguantandolo per le spalle , quasi a voler attivare un qualche congegno, convinti che qualcosa di normale debba pur uscire da quest’uomo. Già ! La normalità e la linea del tempo sono due elementi a mio parere fondanti di questo splendido e faticoso romanzo. Non pensate di leggere una favoletta. Qui bisogna darsi da fare, attivare i recettori più importanti, se ancora ne avete di reattivi alle cose che contano.
Domenico non si trova in questa vita, non fa per lui, e ancora meno quando rimane figlio unico, pur beneficiando a quel punto di tutte le attenzioni di un padre ed una madre normalissimi, che proiettano sui figli unici, ma non solo, attenzioni, speranze, progetti, frustrazioni, manie, perversioni: un lavoro, una famiglia dove si vada d’amore e d’accordo, una casa grande, nipoti e il cerchio si chiuda, felici e contenti. E se tutto ciò non basta, c’è la linea del tempo, che attraversa tutte queste pagine in modo un po’ subdolo, emergendo qua e là per ricordare al protagonista e a chi legge, che “c’è un prima e un dopo e per quanti sforzi tu possa compiere, non c’è possibilità di ritornare ad una qualche ordine anteriore”. Domenico ha la sua di vita normale, fatta di libri e di tempi e gesti propri, un suo mondo, privo di cose normali per i canoni dei genitori, della ragazza, dei compagni di scuola e degli insegnanti e dei padroni della fabbrica, ma vive anche lui nell’altro mondo, quello finto potremmo dire, o semplicemente altro, “capace di camuffarsi con astuzia per sembrare simile all’altro”.
Come succede per un grande libro, scritto da un grande uomo, la storia narrata da Crocifisso ti tiene incollato alle pagine, perché ti deve svelare il mistero della vita, ed evolve rivelando sorprese ed incubi fino alla fine, quando ognuno farà le sue personali considerazioni.
Io vi dico che secondo me non finisce qui. Riflettete prima di iniziare a leggere “Finchè dura la colpa”. Pure avendo tra le mani un libro che con destrezza ci conduce attraverso un continuo andirivieni tra passato e presente, ricordate che: “C’è un prima e un dopo. Non si può tornare indietro.” Grazie Crocifisso. Buona, sana lettura a tutti.
“Viviamo nella dittatura della norma, non te ne sei mai accorto? … Nessuno sopporta l’eccezione, nessuno. Ci soffocano con il mito della normalità per spegnere le menti superiori”.
“Il mondo mi sembra un luogo nuovo, che non ho mai visto, camuffato con astuzia perchè sembri simile all’altro nel quale vivevo prima.”