A leggere questo libro si ha la sensazione di camminare su un terreno fragile in continuo smottamento. Siamo appesi ad un ramo di un albero con radici pronte a soccombere alla furia della natura, il nostro appiglio è inutile. A breve verremo inghiottiti.
E’ il silenzio ad inghiottire il personaggio di questo libro. La storia che leggeremo è raccontata da un ragazzo sedicenne che scopre di avere un difetto all’udito. Una malattia degenerativa che lo lascerà in balia del silenzio. Il tutto accade in un momento in cui un adolesce inizia a dar sfogo alle proprie passioni, inizia a portare dalla sua tutti quegli elementi della vita che diventeranno, un giorno, ragione di vita o rimpianto. Tra tutti, il nostro protagonista, suona in una band assieme ad alcuni amici. La crudele ironia di voler creare musica e di dover lentamente scivolare nell’assenza di suoni, nell’assenza di sound. Ecco, potremmo anche fare a meno di tirare in ballo Beethoven, anche perché qui la musica che fa da colonna sonora è altra. Rock e Jazz, musica suonata con il cuore, prima che con le dita o il fiato.
Oltre a questo, ovviamente, si aggiungono tutte le dinamiche tipiche dell’essere adolescenti. Il rapporto con i genitori (con lo zio imbianchino, in questo caso), le amicizie da tira e molla e l’amore, l’infilare la lingua in bocca. Il protagonista supplisce agli stimoli sonori utilizzando una sorta ad empatia che gli permette di riempire gli spazi vuoti.
Quello di Fabio Ivan Pigola è uno stile coinvolgente, ti mette una mano sulla spalla e ti invita a seguirlo. Con una scrittura ferma e sicura, capace di scavarti lentamente dentro al petto per poi lasciare lì dei pensieri a germogliare. La cosa sorprendente è che il lettore, pur dovendo affrontare un argomento delicato, non trova nessuna traccia di autocommiserazione. Non c’è rabbia, il protagonista vive la cosa come una disfatta silenziosa, una condanna ineluttabile di cui lui rifiuta la forza distruttiva. Non è una punizione divina, non c’è quel senso di colpa puramente cristiano della condanna a seguito del peccato. Ed è per questo che il lettore si affezionerà al protagonista, vivrà con lui la passione per la chitarra, i rapporti personali con gli amici e i parenti, perché guarda davanti a se con estrema dignità senza abbassare mai lo sguardo.
Bando al pietismo, alla lacrima facile e artificiale, bando alla disperazione e alla fuga dalla realtà. Il nostro sedicenne è cazzuto, è piantato con i piedi ben saldi per terra e ha la stoffa per insegnarci almeno un paio di cosine utili nella nostra vita.
“La forma fragile del silenzio” è il primo libro della collana “Istantanee” delle Edizioni della Sera, direi proprio che questo inizio fa ben sperare per il futuro. Se le prossime uscite saranno dello stesso tenore credo che ci troveremo di fronte ad una collana da tenere sott’occhio con interesse.
Fabio Ivan Pigola a Milano, è responsabile di “kultural.eu” e ghost writer letterario. Studioso di scienze sociali, politiche e storiche, ha pubblicato i saggi Emancipazione della Ragione (Eclettica Edizioni, 2015), e Lo Spazio Spirituale (Solfanelli, 2015).