Sin dal titolo, questa raccolta di racconti di Roberto Bolaño intitolata Puttane assassine (Adelphi), è un’opera che fa emergere violenza, volgarità e smarrimento. Violenza perché la parola assassine fa venire immediatamente in mente un omicidio e quindi in maniera inequivocabile la morte, volgare perché l’autore utilizza la parolaccia più famosa in assoluto per definire le donne che fanno il mestiere più antico del mondo e smarrimento perché le due parole unite creano una certa confusione e curiosità che destabilizza. Tredici racconti che sintetizzano la narrativa e la vita dello scrittore cileno. In alcuni di essi il protagonista è B (non a caso la lettera iniziale del suo cognome), che così come gli altri personaggi è identificato solo con una consonante o vocale. In queste storie vi è una forte vicinanza con episodi realmente accaduti nella vita dell’autore. La condizione di esule che non riesce a integrarsi pienamente con gli altri nella sua stessa condizione, lo strano rapporto con il padre e i luoghi in cui sono ambientati, posti che l’autore ha visitato o in cui ha vissuto. In altri racconti come in “Prefigurazione di Lalo Cura”(in spagnolo “La locura” significa la pazzia) uno dei protagonisti è lo stesso di una parte del romanzo 2666. Nel racconto “Fotografie” troviamo Arturo Belano, suo alter ego, già protagonista de I detective selvaggi. Bolaño narra le storie surreali di personaggi solitari, che spesso non si trovano a loro agio nella realtà in cui vivono e non riescono a interagire con gli altri e per questo motivo vivono distaccati cercando un po’ di effimera felicità ad esempio durante rapporti occasionali o tramite la lettura di libri. Storie intrise di degrado e violenza che succedono in un mondo sporco e lurido dove accadono cose tragiche e terribili. Un ottimo libro per approcciarsi alla letteratura di Bolaño, autore complesso dotato di una fantasia mostruosa e di uno stile asciutto, riflessivo e ironico, narrato con occhio distaccato e disincantato. Il racconto “Puttane assassine”, che da anche il titolo all’opera, narra di una ragazza, una giovane donna, che sequestra e tortura un uomo sconosciuto, visto in televisione in mezzo ad altri tifosi durante una partita di calcio. La vittima sacrificale è ignaro della motivazione, la sua unica colpa è quella di appartenere al genere maschile. Subisce, però, la crudele vendetta per il dolore sofferto in passato dalla donna, che vuole vendicarsi su un uomo qualsiasi, senza particolari reclami. Perché per lei è la cosa corretta da fare per equilibrare la sua vita, per bilanciare le ingiustizie subite. L’impatto è spaventoso, terribile e, purtroppo, molto attuale e reale. Bolaño racconta, non spiega, non ci dice cosa sia giusto o sbagliato, ci immerge nella realtà dominata dal caso e ci lascia giudicare, rendendoci inconsapevolmente complici e vittime.
La traduzione è affidata alla preparatissima Ilide Carmignani che riesce, come di consueto, a farci capire anche le sfumature più complesse della scrittura dell’autore cileno.