Grisham è spesso etichettato come scrittore commerciale, quindi molto capita sovente, quando si parla dei suoi libri, di imbattersi in critiche che nascono ancor prima di parlare del romanzo stesso. Grisham vende e scrive tanto, è forse una colpa questa? Non credo possa essere un male quello di essere uno scrittore prolifico che narra storie che hanno ampio consenso di pubblico. Ovviamente non bisogna leggerlo con l’intenzione di trovare un libro che possa indicare la via per una vita migliore, oppure sperare in un insegnamento filosofico che prenda forma pagina dopo pagina. Grisham è intrattenimento allo stato puro, è cinema messo su carta. Quello chiassoso da film americano ben fatto. È divertimento e non insegnamento.
“L’avvocato canaglia” (Mondadori) è lo splendido esempio di un bel libro, dosato nell’azione, nella comicità e nella tragedia, scorre liscio come un buon whisky allungato con coca-cola e pagina dopo pagina non annoia mai. Narra, in prima persona, la storia dell’avvocato Sebastian Rudd, un uomo che vive la lotta per giustizia in maniera alquanto personale. Accetta i casi che nessun avvocato si sognerebbe di prendere a carico e la cosa migliore è che non lo fa per soldi o meglio non per arricchirsi, lo fa per un personalissimo senso della giustizia. Sfida giudici, giurie popolari e a volte infrange le stesse leggi a cui si appiglia per salvare i suo clienti. Un personaggio sporco, anticonformista, eccessivo, arrogante, furbo, pieno di difetti insomma, ma con così tante imperfezioni da essere molto umano e quindi reale. Divorziato con un figlio che ha un nome che odia, lasciato dalla moglie per un’altra donna, accoglie i suoi clienti non nel canonico studio con mobili di legno pregiato e poltrone in pelle ma nel suo furgone dotato di ogni confort. Al posto dell’avvenente segretaria ha un socio, che lui chiama Partner, ma non il solito tirocinante che vuole imparare il mestiere. Un energumeno di origini umilissime che funge da guardia del corpo. Perché Sebastian Rudd è sempre in pericolo, minacciato di morte per via delle scelte lavorative. In una parte degli Stati uniti retrograda e affamata di giustizia non è ben visto chi osa difendere la persona che il popolo ha indicato come colpevole, anche se è innocente. Grisham si diverte e fa divertire facendo muovere il suo protagonista in un’America amante della giustizia sommaria, dove un uomo complesso che scavalca spesso il muro della normalità è malvisto da quasi tutti. Gli unici che quasi lo rispettano sono quelli che hanno bisogno di lui sono i più disperati, gli emarginati, i condannati a morte, chi non ha più speranze e che nessuno vuole difendere ma d’altronde come lo stesso protagonista dirà: “Qualcuno deve pur farlo”.
La traduzione è a cura di Nicoletta Lamberti e Annamaria Raffo.