Ah… del Michelangelo sei?

by Angelo Orlando Meloni

Leggi l’ultimo libro di Nino Vetri, Il Michelangelo, e un po’ t’incazzi. Un po’. E ridi, pure. Un po’ t’incazzi e un po’ ridi. Alla fine vincono le risate, eh? Ma un po’ ti sei incazzato. Senza rovinarti la giornata, ma ti sei incazzato. Dura dieci secondi e nonostante l’incazzatura ti viene lo stesso la voglia di leggere gli altri libri di Nino Vetri, ma un po’ ti sei incazzato. Intanto perché il volume che hai appena letto è una raccolta di racconti e te lo hanno venduto come fosse un romanzo. E questo ti dà fastidio, perché non capisci cosa c’è da vergognarsi se uno un giorno si alza e, pam, butta giù un racconto. Cioè, se poi magari costringe gli amici a leggerlo e pretende da loro un’analisi molto approfondita; se poi cerca di costringere anche i semplici conoscenti a leggerlo e vuole da loro un’analisi altrettanto approfondita; se poi fa lo stesso con le case editrici e infine paga per pubblicarlo con un tipografo che si spaccia per editore e ancora, ancora, un imbarazzato silenzio circonda l’opera e il suo autore e questi crede che si tratti di un complotto ai suoi danni, ecco, allora sì che qualcuno potrebbe vergognarsi di aver scritto un racconto o una raccolta di racconti.

Ma l’incazzatura dura poco, come dicevo su. Dura poco perché la verità è che Nino Vetri riesce a essere esilarante. Riesce a esserlo quasi a ogni pagina. Quasi. Ce la fa insomma nonostante il vezzo tremendo & imbarazzante di ampicchiare i pezzi uno dopo l’altro, così, con lo scotch, che una frase finisce e poi c’è l’altra come se nemmeno se lo fosse riletto, il racconto. Riesce a esserlo perché scrive in italiano, ma ti sembra di sentire il palermitano e santo cielo, se funziona. Riesce a esserlo nonostante che il libro finisca come non dovrebbe mai finire un libro (e questo sì che mi fa un po’ incazzare, perché quando un libro finisce così vuol dire che l’autore non sapeva dove andare a parare). Riesce a esserlo infine perché nonostante il libro finisca come un libro non dovrebbe mai finire (dannazione, ma si può fare così? è antisportivo e andrebbe sanzionato dal garante della narratività) i suoi bozzetti di vita siciliana sono ben distanti sia dalla scrittura di denuncia a tutti i costi sia da un ipotetico manierismo da azienda provinciale del turismo. Stanno da un’altra parte, per la precisione in quel posto post-apocalittico, grottesco e sicilianissimo, dove ogni tanto fa capolino la letteratura, che sia tra le case in costruzione del rione del Michelangelo a Palermo, o tra le viuzze del centro popolate da persone che si appellano tra di loro con articoli del codice penale, o ancora in una delle tappe che scandiscono il viaggio allucinante di due bellimbusti alcolizzati (racconto che evoca, per ammissione dello stesso autore durante una presentazione, il poema ferroviario di Erofeev).

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