Non credo mi sia mai capitato di parlare qui dentro delle mie preferenze in fatto di riviste letterarie. Quindi, se vi dicessi che adoro “The Paris Review” non farebbe poi molta differenza. L’amore per le riviste letterarie parte nasce nell’esatto momento in cui ho cominciato a scrivere o ho pensato di farlo. Il motivo è abbastanza semplice. Mi avevano detto che se volevo pubblicare dovevo capire che aria tirava nel mondo dell’editoria e di conseguenza le riviste erano un ottimo termometro del paese. A qualche decennio di distanza mi viene da dire che probabilmente quella persona aveva ragione, ma che forse il motivo per cui tanti libri mi sembrano uguali potrebbe essere questo. Alcune riviste sembrano pubblicare sempre lo stesso numero.
Non credo che questo sia il caso di ammatula. Ovviamente è un po’ presto per dirlo. I numeri usciti sono tre e ho avuto modo di leggere i primi due, per cui anche se il campione potrebbe non essere significativo l’andazzo che mi sembra di aver colto è abbastanza chiaro. Si punta sulla qualità dei testi e non sulla loro omogeneità. I racconti non seguono quindi uno stesso filone, ma si diramano come rami di un tronco contorto e con una certa personalità. Nel numero due (l’ultimo su cui ho messo le mani) ci sono racconti di scrittori esordienti di cui magari avremo la fortuna di leggere altro in futuro, ci sono racconti di autori già pubblicati, c’è un’intervista di Giorgia Tribuiani a Sandro Campani e ci sono altri interventi meno inquadrabili, tra cui una storia a fumetti. E la storia a fumetti mi permette di poter dire che i racconti, ma più in generale ammatula è sommersa dalle illustrazioni. Racconti e illustrazioni vanno a braccetto e formano spesso un gran bel matrimonio. Il testo si arricchisce, il disegno prende vita. Va bene così.
Per quel che riguarda l’aspetto puramente materiale ammatula viene pubblicata da Arkadia ed esce in un formato molto agile da sfogliare con pagine patinate di buona qualità. Io preferisco il ruvido, ma visto il formato la scelta del patinato mi sembra giusta.
Non so di preciso quanta gente ci sia dietro alla rivista, nel numero che possiedo Marco di Fiore viene citato come editor, il progetto grafico è di Francesca Ventimiglia e la copertina è di Michelle Verdirosa. Non vorrei aver dimentico qualcuno, nel caso mi spiace.
Allora, vale la pena di leggere ammatula? Secondo me sì. Almeno da quello che ho letto io fino ad ora. Vale la pena di leggerlo se vi piacciono i racconti. Vale la pena di leggerlo perché dietro c’è energia giovane e si vede. Poi, ammettetelo, voi scrivete, sapere cosa finisce nelle riviste vi fa comodo. Non sarete mica di quelli che mandano racconti a destra e sinistra senza nemmeno sapere se sono affini ai contenuti precedentemente pubblicati? Lo so, la vostra obiezione è: ma io sono il nuovo David Foster Wallace, quello che scrivo lo deve pubblicare ogni rivista su cui poso lo sguardo. Un segreto svelato: no, non sei il nuovo DFW. Leggi prima di spedire le tue cose. Vale pure se hai un romanzo storico e lo mandi solo a chi fa poesia. Ah, ultima cosa, non pagare per pubblicare, quello non è pubblicare, è una questione di dignità, per la miseria. Basta, fine della predica.
Mi aspetto molto da questa rivista, mi aspetto che cresca e migliori dove ci sono cose da migliorare e mi aspetto, ma soprattutto mi aspetto che continui a pubblicare bella roba.