La categoria estetica del subime ha origini remotissime, risale all’antichità classica e comprende tutte quelle forme d’espressione sublimis, al limite.
Il primo a parlarne fu Longino il quale però non si adoperò tanto per stabilire quali fossero le caratteristiche necessarie ad una forma d’arte perchè potesse essere definita sublime, quanto per capire quali effetti un’opera sublime eserciti sull’animo umano.
Dopo di lui in tanti tentarono una teorizzazione, Burke nel Settecento lo pose in antitesi al bello, identificando il sublime come “delightful horror“; secondo Kant l’uomo di serve dell’esperienza del sublime per sconfiggere la spaventosa magnificenza della natura; Schopenhauer riprende Burke e riconosce nel sublime il piacere provato nell’osservare la vastità di un oggetto che potrebbe distruggerci.
Per me il sublime è l’accostamento di elementi totalmente contrastanti fra loro; per me il sublime è il salto verso la cima più alta seguìto, immediatamente, dallo sprofondamento nello squallore; per me il sublime è le montagne russe della percezione; per me è un membro nero su calle bianche, per me è una fotografia di Robert Mapplethorpe.