Il buon vecchio Pessoa si allietava nel trascorrere le proprie giornate fingendosi altro, fingendosi altri. Davanti a tramonti portoghesi d’inizio novecento, una giungla di eteronimi lo avvinghiava soavemente e talvolta, altrettanto soavemente, si lasciava governare dalla penna docile e dionisiaca del poeta-moltitudine.
Nel vano tentativo di spiegare l’ontologia dell’ universo come deflagrazione interiore, Pessoa scrive «Mi sento multiplo, sono come una stanza dagli innumerevoli specchi fantastici che distorcono in riflessi falsi un’unica anteriore realtà che non è in nessuno ed è in tutti.»
Non so se Alessio Albi, giovane fotografo perugino, sia stato o meno ammaliato dal poeta-moltitudine, ma nel grigiore di mani senza volto, in questo specchio che riflette ma non vede vi è una sola moltitudine, un’affollata solitudine.
Alessio Albi Portfolio