Ho sempre percepito l’aggettivo equilibrato/equilibrata come positivo; che fosse riferito a persone, cose, caratteri, diete, ho sempre pensato, d’istinto e di calco culturale, fosse un’ottima qualità che s’addice allo stadio maturo di un processo evolutivo, che segna un arrivo di successo.
Educati da sempre all’equilibrio, dalla tradizione classica fino ai più recenti movimenti new age, ci siamo quindi disabituati all’eccessivo che straborda, al brivido dello stare nel punto esatto in cui l’estrema morte e l’estrema vita si incontrano fortuitamente; abbiamo dimenticato lo σπαραγμός euripideo che fa letteralmente a pezzi l’uomo, l’ordine sovvertito e sfrenato dei Saturnali, l’amore che è veramente romantico solo quando disperatamente incompiuto. L’abbiamo dimenticato in favore del patto tra organi e sensi, scegliendo di essere l’ ago della bilancia che misura una vita troppe volte pesante.
Nelle foto di Christopher Anderson, nato in Canada nel 1970, c’è lo straripamento del troppo, ma c’è anche l’equilibrio che permette di erigersi decisi sul mondo e dall’alto scrutarlo facendolo proprio.