Con l’espressione messo all’angolo si indica uno stato di costrizione solitamente indotto dall’esterno che esclude ogni possibilità di decisione e movimento nonchè l’obbligo di sottomettersi, senza scampo, alle altrui volontà.
L’accezione maggiormente diffusa è quindi di tipo negativo, nessuno vorrebbe trovarsi all’angolo, nessuno vorrebbe avere un muro dirimpetto fermo a ricordargli che oltre non si va, che tutto termina lì, nell’angusta porzione di piano compresa tra due semirette aventi la stessa origine.
Eppure un angolo ha due facce: può essere una esplosione, il punto esatto in cui due forze convergono scendendo a compromesso: partite da punti diversi nell’angolo esse si ritrovano, limitano il proprio ego e sul liminare stabiliscono la propria estensione. Messi all’angolo, messi in quest’angolo, non ci si sente più strozzati e spaventati ma ci si sente al sicuro, in un coagulo di energie che è covo per le pance, sostegno per spalle.
Chi ha scattato questa foto si chiama Anna Morosini, è nata nel 1987 e studia il corpo «in quanto spazio, forma e contenitore imperfetto per l’interiorità». Quì l’interiorità è celata in un viso non visibile che a me piace immaginare aperto da un sorriso su un muro che è rifugio e non ostacolo.
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