Sono giunto alla conclusione di “7” e sono un po’ stordito. Lungo tutto l’ultimo romanzo “La settima fa male” ho cercato di capire che nesso ci fosse tra tutti i sei precedenti capitoli e l’ultimo. Ho sperato che l’ultimo spiegasse qualcosa, che rispondesse ai miei dubbi. In parte lo ha fatto, in parte ci sono alcune questioni irrisolte che solo Tristan Garcia potrebbe chiarire.
Trattandosi dell’ultimo romanzo dei sette presenti era lecito aspettarsi che “La settima fa male” chiudesse tutti i conti lasciati in sospeso. Che spiegasse gli emisferi, i rulli di legno, Alice, Sanguine, gli alieni, la rivoluzione permanente e che chiudesse tutto in maniera coerente.
Così è stato. Il terreno è pericoloso, devo riuscire a parlare di questo ultimo capitolo senza generare spoiler che potrebbero rovinare la lettura di questo libro.
“La settima fa male” ha un narratore forte. Tutto ruota attorno a lui, alla donna amata che si chiama Hardy e all’amico Fran. Tra i tre si instaura un equilibrio precario. Sembra che ogni volta che il narratore cerca di essere felice la cosa finisce per colpire gli altri due. Quando invece decide di rendersi infelice, gli altri due prosperano. Sembra mancare un equilibrio, come nella rivoluzione permanente. La Francia sta male, il padre del narratore continua a ripeterlo, ma per quanti sforzi vengano fatti per sistemare le cose sembra che questi non bastino mai. Sembra che le cose siano già state scritte, come ne “I rulli di legno” oppure che il passato ci venga a prendere a calci in faccia come in “Alice”.
Il messaggio che ne ricavo è che le cose sono come devono essere e che noi non possiamo farci nulla. Che potremmo anche replicare le nostre azioni mille volte, magari cambiarle di qualche virgola, ma il risultato finale sarebbe lo stesso o comunque molto simile.
E allora ripenso ai capitoli precedenti e mi rendo conto che in maniera subliminale questo è uno dei messaggi che corre lungo tutto il libro. Anche se Alice ci riporta indietro nel tempo alla fine dei venti minuti torneremo ad essere noi stessi. Ripenso a “La rivoluzione permanente” in cui due mondi si incontrano e presentano le stesse problematiche sia che abbiano vinto i comunisti o i liberisti. Non cambia nulla.
La lettura di “7” è stata una sfida e la decisione di scrivere una recensione per ognuno dei 7 romanzi forse è stata una forzatura. Mi è sembrato che fosse necessario cercare nel cuore di ognuno dei 7 romanzi per comprendere il valore dell’opera totale. Un’opera che riesce a raccontare l’inutilità degli sforzi umani se paragonati al disegno complessivo, qualsiasi sia la mano che ha creato questo disegno. “7” ha una visione oscura, pessimistica, secondo il mio modo di vedere, della vita dell’uomo sulla terra. Ha una visione negativa sulla capacità dell’uomo di essere un animale sociale e credo che in qualche modo non faccia altro che prevedere una deriva tragica per l’essere umano.
Non ho dubbi, questo libro va letto e da quest’opera vanno tratti degli spunti per imparare a vivere meglio. Accettare, forse, la propria fragilità, la ridotta portata del nostro contributo agli equilibri del mondo e, per contro, la nostra unicità.
La traduzione è di Sarah De Sanctis.
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