Cara Elvira Vigna, qualcosa da dire ci sarebbe.
Cara Elvira Vigna, ho tradito e sono stato tradito. E a ripensarci ora, credo che la cosa più difficile da fare in casi come questi sia parlare. Parlare con onestà, a sangue freddo, di quanto è successo. Nemmeno in un milione di anni riuscirei ad affrontare un tema come questo con la qualità usata in “Niente da dire” da Elvira Vigna.
Tramiamo.
Paulo e la nostra narratrice senza nome hanno un problema. E’ lo stesso Paulo a dircelo nel capitolo introduttivo. Lui tradisce la moglie con una donna più giovane e a mio parere molto meno interessante. Ma questo di solito non conta, giusto? Poi la palla passa a lei e lei racconta l’evoluzione di questo tradimento, dall’iniziale scappatella fino all’epilogo. Quindi, per farla breve, questa è la storia di un tradimento.
Quello che rende il libro speciale.
Quello che rende questo libro speciale è la voce narrante. La donna senza nome che scopre casualmente che il marito si trastulla in altri lidi. Il racconto è spietato. Lucido alla follia. Quasi fosse un esperimento scientifico. L’analisi attimo per attimo del percorso extraconiugale è denso di particolari. Quella della narratrice sembra quasi essere una ricerca ossessiva delle motivazioni profonde che portano tre persone ad agire come stanno agendo. Perché il marito ha tradito? Perché l’amante ha partecipato al tradimento? E perché la moglie tradita reagisce a quel modo? Mano a mano che le pagine scorrono la voce che ci accompagna scava ancora più in profondità, come un detective si barcamena tra indizi e congetture fino ad un’ipotetica verità. Quale sarà la soluzione migliore per riprendersi Paulo? Diventare forse come l’amante? Cercare di dargli quello che lui non riusciva a trovare nel matrimonio? Non c’è una ricetta, ma se il tradimento fosse una legge scientifica Elvira Vigna sarebbe molto vicina a scoprirne i postulati.
L’autrice
Elvira Vigna nasce a Rio de Janeiro nel 1947. Dopo gli studi a Nancy, in Francia, si specializza in giornalismo e critica d’arte, eccellendo in entrambi.
Il traduttore.
Vincenzo Barca ormai qui è di casa e io non mi stanco mai di dire che un libro tradotto da lui parte già avvantaggiato.
La casa editrice.
Di Gran Via non posso che parlare bene. Essendo un appassionato di letteratura latino americana nel loro catalogo ho sempre trovato una seconda casa. Vuoi per la qualità dei libri, vuoi perché affidando la copertina a Mirko Visentin, vuoi perché mi permettono di staccarmi dai classici e tuffarmi su autori contemporanei che forse avrei perso. Per queste e altre ragioni la via di Gran Via è da percorrere.