Ormai non è più un mistero. TerraRossa edizioni è un rifugio letterario. So che nel loro catalogo io mi posso trovare a mio agio e sono felice di poter dire che, a oggi, possiedo tutti i libri del loro catalogo. Nell’ultimo anno, ma credo si possa estendere l’orizzonte temporale anche un po’ più in là, alcune delle più belle e coinvolgenti letture sono nate sotto questo marchio editoriale. L’ultima in ordine cronologico è “Rogozov” di Mauro Maraschi.
Inizio con il dire che questo libro mi è piaciuto davvero molto, mi ha attirato a sé dopo pochissime pagine e il suo personaggio principale, Ruggero Gargano, mi ha fatto compagnia come poche volte mi accade. Eh sì, Gargano è un personaggio tutt’altro che positivo, un uomo che, molto probabilmente, non inviteremmo a cena a casa nostra, non vorremmo che sposasse nostra figlia ma da cui, altrettanto probabilmente, non ci faremmo riparare nemmeno la caldaia.
Il libro inizia con un punto di vista esterno a Gargano. Una persona di cui non conosciamo nulla entra in una comunità e lavora per diventare amico di Gargano, una volta che ciò succede Gargano si apre e inizia a raccontare la sua storia. E da lì il libro spicca il volo. Ruggero Gargano ci racconta tutto. Il rapporto con la compagna di origine polacca, quello con la figlia gravemente afflitta da un problema di meteorismo, le persone che hanno avuto a che fare con lui, ma soprattutto ci racconta della sua idiosincrasia nei confronti della società tradizionale, della medicina tradizionale e, in definitiva, di tutto ciò che lui considera mainstream. A un certo punto della storia Gargano ha bisogno di soldi per portare a compimento l’idea di una vita. Gargano ci racconta ogni cosa, come gli è venuta l’idea, come ha fatto per accaparrarsi anche gli ultimi quindicimila euro. Sappiamo tutto, nulla sfugge alla loquacità di quest’uomo. Ma c’è un però, bello grosso oserei dire.
Gargano racconta sé stesso senza un contraddittorio, è la sua parola nel vuoto e forse già questo è un primo spunto di riflessione offerto da Mauro Maraschi. La follia è normale. Non è facile riconoscerla soprattutto se è incastonata all’interno di una bolla. E qui mi sembra arrivato il momento di spiegare quale aspetto di questo libro mi è piaciuto così tanto da inserire “Rogozov” nella mia personale lista delle migliori letture del 2021.
Mauro Maraschi ha costruito un romanzo il cui protagonista principale è, a tutti gli effetti, un’emanazione del tempo che stiamo vivendo. Potremmo considerarlo un No Vax, un cospirazionista, un revisionista. Gargano è lo specchio dei nostri tempi, la sua narrazione funziona alla perfezione incastrata in una serie di valori e in un sistema che lui condivide e che non viene mai confutato. Purtroppo per lui, come si può immaginare, basta davvero poco per far crollare il suo castello di carte. Le cose che racconta dal suo punto di vista non possono che durare finché rimangono all’interno del personaggio, la follia maniacale di quello che dice al suo interlocutore arriva fino a noi serpeggiando. Gargano è un personaggio che, in fin dei conti, riesce a risultare accattivante e simpatico, ma solo perché, in fin dei conti, la realtà costituita dai valori fittizi, valori che spesso millanta, ma che non possiede davvero ha nuociuto solo a lui. È un’ipocrita, è falso con gli altri e con sé stesso, ma va tutto bene perché non è arrivato a farci del male; siamo indulgenti con lui perché siamo consapevoli che si è rovinato con le sue stesse mani, ma non lo saremmo se il suo comportamento ottuso avesse avuto effetti gravi sugli altri. La figlia è, a dirla tutta, l’unica che ha subito il Gargano pensiero, ma direi che per lei, la speranza di una vita migliore non è sparita.
Gargano sembra pensare che il suo modo di vivere sia basato su solidi pilastri. Prendo ad esempio l’autoguarigione. Il paradosso di Gargano è che secondo lui l’autoguarigione, a livello teorico, funziona in maniera perfetta, ma a livello pratico non funziona semplicemente perché non viviamo in un mondo a misura di autoguarigione. Quindi non ci potrà mai essere una controprova che attesti che il suo metodo è fallace e inefficace. È colpa degli altri che non gli permettono di vivere la vita come vorrebbe e questo è, a tutti gli effetti, uno scarico di responsabilità che fa molto 2021.
Maraschi ha creato un personaggio che, come dicevo, racchiude in sé quei tratti particolari che lo rendono perfetto per incarnare lo spirito del nostro tempo e considerando che questo libro ha una genesi che risale a parecchi anni fa mi viene da pensare che tutte le storture alle quali abbiamo assistito negli ultimi due anni siano sempre state lì a portata di mano, hanno solo avuto più spazio.
Quindi, per finire, mi verrebbe da dire che leggere “Rogozov” di Mauro Maraschi è un ottimo modo per rendersi conto in maniera ancora più chiara di ciò che ci circonda e forse, facendo un po’ di introspezione, ci permette di capire cosa ancora ci separa dal diventare parte di quella massa urlante che ha deciso di caricare a testa bassa tutti quelli che non la pensando come loro.
P.S. Il Rogozov del titolo viene citato solo alla fine del libro, non vi dirò chi è e cosa ha fatto, ma è emblematico che sia stato preso a modello.
Mauro Maraschi (Palermo, 1978) è traduttore e redattore editoriale. È stato editor della narrativa di Hacca, per la quale ha curato l’antologia ESC (2013). Ha tradotto, tra gli altri, Complex TV di Jason Mittell (minimum fax, 2017), Masscult e Midcult di Dwight Macdonald (Piano B, 2018) e Il codice delle creature estinte di E.B. Hudspeth (Moscabianca, 2019). Ha curato la selezione dei diari di Henry David Thoreau intitolata Io cammino da solo. Journal 1837-1861 (Piano B, 2020) e, insieme a Micaela Latini, Una conversazione notturna (Portatori d’acqua, 2020), trascrizione di un’intervista del 1977 al suo amato Thomas Bernhard. Collabora con riviste e blog di ambito letterario, tra cui «L’indice dei Libri del Mese».