“Questo articolo è stato scritto qualche anno fa e si riferisce alla manifestazione organizzata dal comitato “Se non ora quando?” l’undici Dicembre 2011 a Roma, in Piazza del Popolo.
Dalla gioia di quella giornata scaturirono una serie di riflessioni che, tuttora, risultano attualissime.
A dimostrarne l’attualità sono i fatti di cronaca, i nomi e cognomi cancellati, nel corso di questi due anni, dall’onta del femminicidio, la violenza sulle donne che ha indiscutibilmente ragioni sociali e culturali e che oggi, 25 Novembre, come ogni 25 Novembre dal 2005, viene contrastata all’unisono, durante le celebrazioni indette in tutta la penisola.”
Donne lavoratrici, donne mamme, donne stanche, donne entusiaste, donne che preparano cene e resoconti finanziari. Donne con tante idee nella testa e pochi soldi nelle tasche, donne che non sanno di essere svantaggiate, donne che combattono per smettere di esserlo, ma, soprattutto, donne consapevoli d’essere donne.
Sono queste le numerose scese in piazza a Roma e in varie città d’Italia l’11 dicembre per l’ultimo appuntamento al femminile organizzato dal comitato “Se non ora, quando?”.
Questa volta la politica non c’entra davvero nulla, non c’entra l’esasperazione per gli harem di un premier decaduto, per le cariche politiche assegnate in base alla misura di reggiseno; questa piazza è una piazza pieni di cervelli e cuori coscienti del fatto che non è un uomo dalle dimensioni ridotte a poter privare la donna del suo ruolo, della sua parte all’interno della società.
Ciò che imprigiona la donna nella sua gabbia “rosa” tutta fatta di tenerezza e sensibilità è un sistema in piedi da secoli, una cascata di stereotipi che si riflettono sì sulla realtà, ma in un rapporto di alimentazione reciproca.
Le donne in piazza gridano la loro voglia di essere riconosciute in completezza, come madri, come lavoratrici, come potenzialità per il nostro paese. Rivendicano il loro ruolo di straordinaria importanza nell’uscita dalla crisi, chiedono la possibilità equamente divisa tra madre e padre di accudire i figli. Parlano di incentivi al congedo di paternità, che è un diritto dell’uomo, non un modo per incastrarlo.
Sotto un cielo grigio ma con garbo, si susseguono interventi,buona musica, comizi accorati.
Sì, perché la questione femminile esiste ancora.
E’ viva, agisce in silenzio senza che nessuno se ne accorga, se non gli addetti al settore. Lo stereotipo si insinua nella pubblicità, che a sua volta si insinua nella nostra mente, proponendoci immagini che nemmeno ci preoccupiamo di mettere in discussione.
Basta accendere la televisione per vedere come quasi sempre i prodotti per la cura della casa siano pubblicizzati da figure femminili. Ciò infastidisce non perché, indignate, vogliamo rifiutarci di impugnare l’ aspirapolvere e pulire casa, ma perché questo tipo di marketing non si preoccupa di interpretare una realtà che sta cambiando; crede che il frullatore multifunzione possa interessare solo alle donne, a cui è da sempre affidata la cura della casa, e non ai numerosi uomini che altrettanto si dilettano in cucina!
Per non parlare poi di quelle pubblicità che offendono senza tanti peli sulla lingua la nostra femminilità, quei cartelloni che scelgono delle donna solo l’ eloquente culetto, tralasciandone gli occhi.
Ci sono poi quei giornalisti che credono che la soluzione per l’aumento della natività in Italia risieda nel togliere i libri alle donne, ma questa è un’altra storia.
(http://www.liberoquotidiano.it/news/881722/Togliete-i-libri-alle-donne-torneranno-a-far-figli.html)
L’ultima pubblicità che ha scosso il mio spirito femminista promuove un prodotto di una nota marca di alimenti surgelati.
In una reclame d’evocazione vintage si legge: “ATTENZIONE MOGLI! Volete uscire a cena? Non proponete mai a vostro marito questo piatto!”
Questa pubblicità racchiude, a mio parere, stereotipi tra i più classici: la moglie cucina per il marito; il marito porta fuori la moglie a cena; ultimo e forse il più fantasioso, frutto del nostro secolo: il miglior piatto che si possa cucinare è un piatto surgelato, preparato da terzi.
Sebbene quindi la questione femminile appaia come superata, sebbene la “battaglia” delle donne sembri completamente vinta, non è così. Abbiamo sì ottenuto il diritto di voto dai tempi delle repubblica, possiamo sì studiare, diventare manager, entrare in politica, fare appello alle pari opportunità ma dobbiamo accettare il fatto che ciò susciti ancora scalpore, ecco il vero problema.
Una donna con due figli ed un lavoro a tempo pieno è una specie di eroina da pellicola, un uomo con due figli ed un lavoro a tempo pieno, è semplicemente un padre di famiglia, poiché le possibilità che i ruoli offrono sono differenti. Per far si che la società muti, bisogna che la nostra testa muti; questo può però succedere solo con uno sguardo attento e critico, uno sguardo che vada oltre numeri e statistiche, che sia in grado di fare i conti con la realtà e non solo sulla realtà.
Il cambiamento non può essere dettato dall’alto di una norma, con la creazione di quote rosa; il cambiamento va costruito insieme,consapevolmente, parte dalla testa finisce nel cuore, per poi ricominciare il ciclo.