Ve lo devo confessare. La cosa non andrà a mio vantaggio e probabilmente perderò la stima di quelle due persone che ancora credono che io sappia quello che sto dicendo. Quando ho iniziato a leggere “Neve, cane, piede”, alla stazione di Modena, ho visualizzato il vecchio ermita del libro con le sembianze del nonno di Heidi.
Adelmo Farandola però è ben altro. E’ una figura che mi inquieta, qualcosa che sembra appartenere più al regno animale e vegetale. Una personalità che è stata espulsa dalla montagna, da un cunicolo buio, umido e infestato di creature viscide. E’ un parto delle tenebre, forse.
E Adelmo dimentica, la malattia lo fa dimenticare. Per lui i giorni sono tutti uguali perché lentamente il presente, sovrapponendosi al passato, lo cambia.
Il tempo è scandito dalle stagioni. L’inverno rigido costringe a rinchiudersi, la primavera porta alla luce cadaveri di animali ben conservati da poter scuoiare e conservare.
Scende in paese, staccandosi a fatica dalla montagna che lo proteggono, scende a fatica, oggetto estraneo, uomo delle caverne. Risale, è il silenzio ciò che cerca, il silenzio l’ha inghiottito. Incontra un cane ed inizia a parlargli. Il cane risponde, diventa una compagnia. Adelmo però la compagnia non la gradisce, non gradisce nemmeno la presenza costante del guardiacaccia. E di chi è quel piede che spunta dalla neve dopo un lungo e gelido inverno? Saranno mica i cavi dell’energia elettrica che sfrigolavano a valle quando era bambino ad averlo reso matto, a fargli parlare con il cadavere che non sa chi è?
Morandini ha il pregio di aver riscostruito sensorialmente uno spaccato montano in cui, nonostante le temperature benevole nel momento in cui lo leggevo, ho trovato plausibile esserci. Il lettore qui ha quasi il ruolo del voyeur, spia senza vergogna il corpo disfatto di Adelmo, il suo rapporto di amicizia con il cane e sa, forse ancora prima che Adelmo se ne renda conto, quale sia l’unica fine possibile.
E’ un libro notevole quello di Claudio Morandini, un’opera speciale. Un’opera che scoprirete essere nata da un incontro che lo stesso autore ha avuto mentre passeggiava tra i monti. Se leggerete la postfazione a questo libro scoprirete come, a volte, nascono le storie. Sì, non fate l’errore di saltare la postfazione, sarebbe un crimine.
Exòrma è un progetto di divulgazione di alto profilo, di ergonomia grafica e tipografica, di artigianato delle suggestioni. Arte, letterature, letteratura di viaggio, saggistica, fotografia. Particolare attenzione alla fusione dei generi, agli aspetti antropologici, estetici, all’attualità dei temi sociali, ai temi della storia, della scienza e dell’arte.
Exòrma è l’editore del Festival della Letteratura di Viaggio di Roma che si svolge ogni anno a Roma alla fine di settembre. FestBook è la pubblicazione ufficiale della manifestazione.
Claudio Morandini, «uno dei romanzieri più competenti e spiazzanti nel nostro panorama letterario» secondo la rivista «Pulp», è nato ad Aosta nel 1960. Ha pubblicato diversi romanzi, tra cui Le larve (2008), Rapsodia su un solo tema (2010), A gran giornate (2012). A proposito di quest’ultimo, Paolo Morelli ha scritto su «Il Manifesto»: «Bisogna scovare negli anfratti i libri che affermano il potere conoscitivo della fantasia, libri innamorati che portano con sé le parole del mondo e ne propongono una lettura. Ogni volta è una contentezza trovarli, come nel caso di Claudio Morandini». Suoi racconti sono apparsi in antologie e riviste o sono disponibili in rete. Collabora con il blog Letteratitudine e con le riviste online «Fuori Asse», «Diacritica» e «Zibaldoni e altre meraviglie». Il suo sito è http://claudiomorandini.com.