Non so voi, ma a me una bella copertina mi mette già di buon umore. Poi è meglio che dietro alla copertina ci sia qualcosa di buono altrimenti la delusione mi fa scaraventare il libro direttamente nel caminetto (e il periodo giusto per accenderlo si sta avvicinando).
“Addicted, serie TV e dipendenze” però non ha mai corso questo rischio. La copertina mi è piaciuta molto e il contenuto del libro era decisamente all’altezza.
Questo volume raccoglie cinque saggi che analizzano vari aspetti della nostra dipendenza nei confronti delle serie TV. Credo che ormai sia assodato che il modo di fruizione delle serie TV sia cambiato radicalmente negli ultimi anni. Un cambiamento che è stato reso possibile anche dal medium. Non ce ne rimaniamo più in attesa che ad una data ora di un dato giorno della settimana arrivi il nuovo episodio de “L’ispettore Derrick”, ma decidiamo noi le tempistiche, la frequenza e la quantità di episodi da ingollare in una singola seduta. Netflix, Amazon Prime, Premium Play e anche Torrent e Emule, hanno cambiato il nostro modo di arrivare alle serie TV. E le serie TV hanno subito un’evoluzione continua che le ha portate dall’essere un insiemi di episodi stand alone a delle vere e proprie storie con un arco narrativo, una trama orizzontale e mille sottotrame verticali. Ma questo è solo un punto della situazione.
L’altro punto, quello che analizza questo volume, si concentra sui motivi per cui una serie TV diventa droga. Analizza i motivi per cui da un film si genera una serie, affronta il motivo per cui una serie viene riesumata dopo vent’anni e si sofferma sui linguaggi audio e visivi che sono all’ordine del giorno nell’industria dell’intrattenimento.
I cinque saggi sono:
Le altre vite del cinema di Leonardo Gregorio. Parte da Evil Dead, Minorty Report e Fargo per spiegare come le serie che ne sono derivate abbiano avuto successo o abbiano fallito il bersaglio. Ash Vs Evil Dead (serie creata da Evil Dead) ha avuto fortuna perché è stata in grado di rimodulare il linguaggio del film da cui prende origine mantenendo inalterati alcuni capisaldi (il senso per l’assurdo). Minority Report invece non è riuscita a staccarsi dal film quanto bastava per godere di via propria.
Il ritmo delle storie di Michele Casella. In questo saggio l’autore analizza il rapporto stretto tra la colonna sonora di una serie Tv e il suo successo, ma ovviamente parla anche di come la scelta della musica da inserire sia fondamentale per la creazione dello spirito di quella serie. Twin Peaks sarebbe lo stesso se avessero scelto del Punk Rock? Stranger Things avrebbe lo stesso appeal anni ottanta se al posto della musica retrò elettronica avessero strimpellato Hendrix?
La trama e il personaggio di Marika di Maro. In questo saggio l’autrice analizza l’importanza di avere un personaggio principale forte. Il caso più eclatante, per quel che mi riguarda, è Sheldon Cooper di The Big Bang Theory. Jim Parsons, che interpreta Sheldon è diventato un personaggio talmente di successo da essere l’attore di serie TV più pagato al mondo. In casi come questi è vitale per la serie TV proporre una crescita del personaggio senza snaturarlo e allontanarlo dall’amore del pubblico.
Love Addicted di Jacopo Cirillo. Parla invece dei diversi gradi affettivi all’interno delle serie TV. Prese ad esempio sono Love, Ray Donovan, Fleabag e altre. Davvero interessante è l’analisi che l’autore fa su euforia/disforia catalogando i tipi di dipendenza. The Affair (Showtime) – Dipendenza distruttiva; Fleabag (BBC Three) – Dipendenza spezzata; Ray Donovan (Showtime) – Dipendenza funzionale; Love (Netflix) – Dipendenza elastica; You’re The Worst (FX) – Dipendenza terapeutica.
The End di Carlotta Susca invece parla di uno dei punti più controversi (non solo per quel che riguarda le serie TV, ma anche la narrativa). Il sistematico odio nei confronti di un finale che non è come lo desideravamo. Spesso partiamo con una storia sperando che la sua sia una fine a rose e fiori. Siamo patiti per il lieto fine. Susca cita alcuni finali che hanno diviso i fan, ma cita anche alcune serie che il finale hanno rischiato di non averlo. Sense8, prodotto da Netflix, è stato interrotto dopo la seconda stagione in pieno cliffhanger. A furor di popolo è stato deciso di produrre un film che desse la degna chiusura alla serie (e meno male). Un’altra serie che viene spesso citata è “How I met your mother”. La stagione finale svela finalmente il volto della madre, ma gli ultimi minuti dell’ultima puntata portano alla luce un colpo di scena che a molti fan non è piaciuto. Ecco perché successivamente è stato montato un finale alternativo con una chiusura meno ad effetto. Io voto per il finale scelto dai produttori.
In breve questa raccolta di saggi ha il pregio di parlare in modo fresco e spigliato di una realtà che è ormai sotto agli occhi di tutti. Le serie TV hanno guadagnato un’enorme importanza fino al punto da riempire le nostre giornate. Sempre più spesso ci capita di sederci sul divano, accendere la Tv e cercare di dimenticare il modo di fuori con un binge watching della nostra serie televisiva. Questo saggio ci aiuta a capire alcuni aspetti dell’universo TV e ci permette di affrontare più consapevolmente le ore davanti allo schermo.
Dite la verità, non pensavate a tutto questo quando vi buttavate in poltrona per guardare “La signora in giallo”?
Il libro è edito da LiberAria nella collana Metronomi. Questa è la sesta uscita. Recentemente la loro collana “Penne” mi aveva fatto dire che la casa editrice aveva preso un altro passo rispetto agli inizi. Addicted mi fa pensare che anche sulla saggistica ormai abbiano cambiato marcia battendo una strada che era già ottima.