Quando nasci a Cork, nel profondo sud dell’Irlanda, sei cattolico e riesci a diventare il capitano di una delle più importanti squadre d’Inghilterra significa che sei un duro. Roy Keane ha indossato la maglia del Manchester United dal 1993 al 2005 lasciando un segno indelebile del suo passaggio, una cicatrice profonda come un taglio sul polpaccio causato da una sua entrataccia da dietro . Centrocampista roccioso, cattivo e dotato di una personalità fuori dal comune nel libro “Il secondo tempo” (Guanda) narra quel passaggio doloroso che succede tra la fine della carriera da calciatore e l’inizio di quella da allenatore, lo fa con l’aiuto di Roddy Doyle (autore meraviglioso, vincitore del Booker Prize con il romanzo “Paddy Clarke ah ah ah!”). Per chi ama il calcio vero, quello che profuma ancora di olio di canfora, di erba, di grasso per le scarpe, quelli che si emozionano ancora per il rumore dei tacchetti a sei sul pavimento, questo libro è una miniera di aneddoti. Non vi aspettate il calcio patinato e i capelli impomatati che non si scompongono neanche dopo un colpo di testa, non vi aspettate dribbling e tunnel, qui si parla di mettere il piede per fermare l’avversario in qualunque modo, di fargli male se necessario e gli unici tunnel di cui sentirete parlare sono quelli che portano dagli spogliatoi al campo, dove può capitare di far nascere una rissa già prima dell’inizio della partita giusto per far capire con chi si ha a che fare. Roy Keane si mette a nudo, parla dei suoi problemi con l’alcol, nonostante avesse delle regole anche per ubriacarsi, mai due giorni prima della partita, tre sì, due no, e ritorna anche sull’episodio più celebre della sua carriera, quando, con la pazienza del conte di Montecristo, architettò la sua vendetta su Håland, reo di avergli rotto i legamenti quattro anni prima. Verso i minuti finali della partita che li vede uno contro l’altro, entra sul calciatore norvegese con insana cattiveria facendogli male, molto male. Fu espulso e dovette pagare una multa molto esosa ma non si nasconde dietro una falsa maschera di buonismo, non chiede scusa. Lui è così, prendere o lasciare. Succede infatti che dopo dodici anni e mezzo di onorato servizio alla corte di sir Alex Ferguson e del Manchester United , di cui è stato spesso il condottiero in campo e nello spogliatoio, venga “cacciato” per il suo comportamento troppo sopra le righe, sono quelle le pagine più toccanti del libro. Roy Keane racconta il suo pianto disperato dopo aver saputo la notizia, dentro la sua macchina, da solo. Due minuti di lacrime che racchiudono l’essenza del calciatore irlandese. Un duro che giocava anche infortunato, che si è sfasciato l’anca per difendere alla morte i colori che indossava ma anche di un uomo che proteggeva i suoi compagni, specie i più giovani. Rissoso, scontroso, padre di cinque figli. Roy Keane è uno degli ultimi giocatori di un calcio che non c’è più, di un calcio che si giocava sul campo e non in televisione. La seconda parte del libro è appunto il suo secondo tempo, quando, appese le scarpe al chiodo, decide di incominciare ad allenare. Ma Keane non può essere un “mister” come gli altri, regole ferree ma anche grande comprensione verso i suoi uomini quando facevano qualche cazzata. È così che riesce, alla sua prima stagione sulla panchina del Sunderland, a laurearsi vincitore della Football League Championship, guadagnandosi così il ritorno in Premier League. Poi le cose incominciano ad andare male e, come Roy ricorderà per tutto il libro, nel calcio un giorno sei considerato il migliore di tutti e quello successivo sei da buttare via.
Un libro da leggere perché descrive la carriera di un calciatore sopra le righe, un personaggio complesso, senza cercare di purificarlo, scritto con un autore come Roddy Doyle che mantiene sempre alto il ritmo della narrazione e ha tempi comici perfetti. Se per voi il calcio è rappresentato da i giocatori come Neymar, state alla larga da questo libro perché potrebbe accadere che Roy Keane vi falci le gambe, intimandovi di rialzarvi in fretta, perché il calcio non è uno sport da fighette.
La traduzione è di Ferrantini Lucia.
Irlanda
Questa di sicuro é una notizia in anteprima per i lettori di Senzaudio, anche perchè la fonte che ha pubblicato la novità è una radio irlandese on line,Sabato 17 maggio, in Irlanda è stata lanciata la prima emissione di bitcoin nazionali. Se, come me, anche voi avete pensato che la prima nazione ad attivare un servizio di criptomoneta statale, poteva essere il Giappone o la Cina o magari il Canada (dove questo sistema spopola); allora c’è stato un errore di sottovalutazione della creatività degli europei. L’Irlanda in realtà, non è nuova a questi exploit monetari, già negli anni ’90, la ” tigre celtica”, aveva fatto parlare di se per l’ aggressivo sistema finanziario che aveva adottato. Attraendo capitali esteri grazie ad una ridotta pressione fiscale, si era garantita una certa ripresa economica. Purtroppo, con la crisi in piena bufera, questa scelta si è rivelata a doppio taglio, per la vulnerabilità finanziaria che questi capitali hanno creato e l’Irlanda si è trovata in una nuova recessione. Ma la storia di questa splendida isola ci insegna che il popolo irlandese é abituato a stringere i denti nelle difficoltà per risorgere dalle proprie ceneri. Ed ecco che per incentivare il turismo, il governo ha pensato di puntare sul digitale creando l’Irishcoin, una vera e propria criptomoneta, soggetta però a regole che ne uniformino la distribuzione e la compravendita ( per ulteriori informazioni si può visitare il sito ( irishcoin.org ). Per il momento, l’esperimento è limitato al settore turistico, con locali e strutture alberghiere che accettano questo sistema di pagamento; l’intento dei promotori ( come si legge dal sito ) è proprio quello di incentivare il turismo e la visita del popolo irlandese nel mondo alla madre patria. Certo per una persona come me, le cui grandi passioni sono: Irlanda, birra e tecnologia, questa notizia è un vero e proprio nettare! Per tutti gli altri, che non condividono i miei splendidi interessi, di certo si tratta di un evento che lascerà il segno. Qualunque sia l’esito del’iniziativa (e speriamo che non finisca come i soldi di Grattachecca e Fichetto nei Simpson), questo sarà sicuramente un test cruciale per chiarire il comportamento di questo sistema monetario in una situazione di economia reale con la cooperazione di apparati statali.
Quindi non resta altro che dire : “Go n-éirí leat!” (buona fortuna!).