Lo vedi subito dalla copertina, quello che stai per metterti a leggere è un libro di racconti dalle mille sfumature. Giallo viola, arancione, azzurro. Colori diversi tra di loro che però mantengono il tono pastello. Ecco, il filo conduttore sta lì, in quel pastello.
“I mondi reali” di Abelardo Castello sono una raccolta di racconti estremamente interessante. Sia perché l’autore è indubbiamente un maestro con la penna e (non è mai scontato) un maestro con la forma del racconto breve, sia perché ogni racconto ha in sé un elemento che è costantemente in grado di spiazzarti. Me ne sono accorto alla fine del racconto “La madre di Ernesto”. Mi stavo avviando alla fine del racconto, con uno stato d’animo abbastanza tranquillo, avevo letto di un senzatetto e di un personaggio in evidente stato di disequilibrio. Pensavo di trovarmi di fronte ad un classico racconti in cui l’incontro tra i due personaggi diametralmente opposti avrebbe dato vita ad uno scambio di “anime” che avrebbe migliorato entrambi. Posso solo dire che mi sbagliavo e che il finale ancora mi tormenta. Come mi tormenta anche la vendetta di “Patron”, vendetta che mi ha fatto male nel leggerla la prima volta e che ora, a ripensarla, mi fa ancora più male. Ne “I mondi reali” troverete racconti crudeli, fantastici, racconti che rispecchiano in pieno la tradizione del racconto sudamericano che annovera tra i suoi maestri gente del calibro di Cortazar e Quiroga (non cito a caso questi due autori in quanto credo che Castillo abbia un po’ di entrambi).
Se volete una raccolta di racconti che non vi lasci indifferenti, che ad ogni fine vi spalanchi un mondo di emozioni e sensazioni non sempre (quasi mai) tranquillizzanti io credo che dobbiate assolutamente andarvi a comprare “I mondi reali” di Abelardo Castillo. Leggendo i suoi lavori mi sono dovuto interrogare spesso sull’effettiva natura dell’animo umano. Bestia crudele che può rimanere sopita per anni e poi balzarti alla gola. Credo che Castillo abbia fatto un grande lavoro ritraendo i lati oscuri del comportamento umano anche quando li ha incastonati in una struttura fantastica.
La traduzione è ad opera di Elisa Montanelli che non conosco, ma che nel caso di Abelardo Castillo ha fatto un lavoro davvero egregio. E’ pur vero che lo scrittore è unico e che lo stile è sempre chiaro in ognuno dei racconti, ma è anche vero che da un racconto all’altro le sfumature cambiano pesantemente (e qui torniamo alla copertina) e di conseguenza il traduttore deve sapersi adattare a queste variazioni talvolta impercettibili.
La casa editrice ormai la conosciamo. Del Vecchio editore è sicuramente una delle realtà dell’editoria italiana alla quale sono maggiormente affezionato. Diciamo che si sono guadagnati la mia fiducia sul campo e che a scatola chiusa tendo sempre a fidarmi delle loro scelte. “I mondi reali” di Abelardo Castillo non mi ha deluso.
P.S. La copertina è, ovviamente, dello Studio IFIX di Maurizio Ceccato. Inutile rimarcare quanto ci piace e cosa pensiamo del lavoro di Ceccato.
Abelardo Castillo è narratore, drammaturgo, critico e poeta. Con oltre sessanta racconti all’attivo, quattro romanzi e quattro pièce teatrali, senza contare gli innumerevoli articoli e prefazioni, è uno degli scrittori attualmente più conosciuti in Argentina. Fin dagli anni Sessanta, si è imposto non soltanto come uno degli scrittori più innovativi del panorama letterario
argentino, ma anche come figura chiave nel dibattito ideologico–culturale dell’epoca. È stato, infatti, direttore di tre delle riviste letterarie più importanti del Paese («El grillo de papel» 1959–60, «El escarabajo de oro» 1961–64, «El ornitorrinco» 1977–86) a cui collaborarono personalità del calibro di Julio Cortázar, Ernesto Sabato, Miguel Ángel Asturias, Héctor Tizón e Carlos Fuentes. Fra le sue opere principali, Cuentos completos(Alfaguara) e i romanzi El que tiene sed (Emecé, 1985), Crónica de un iniciado (Emecé, 1991), El evangelio según Van Hutten (Seix Barral), unico testo tradotto in italiano (Il Vangelo secondo Van Hutten, Crocetti, Milano 2002).