Resistere. Nove lettere. Quattro sillabe. Una parola. Una pregnanza profonda, che trascende l’animo umano e si fonde con la natura stessa dell’umanità. Resistere. Dal latino “re”, prefisso indicante la ricorsività di un’azione, e “sistere”, fermarsi. Resistere. Sin dagli albori, dai primi sussulti della sua esistenza l’uomo ha dovuto essere resistente. Ha dovuto combattere per autoconservarsi, per sopravvivere in un contesto intimamente avverso.
Per non soccombere alla selezione naturale Darwiniana. E così nel corso della sua storia, nel dipanarsi della sua epopea le fortune del genere umano si sono basate su questo istinto. Sulla pertinacia. Sulla resistenza. Sulla continua voluttà di espandersi, di protendere le proprie capacità. L’uomo per esistere deve continuare a muoversi, a lottare. Che ne sarebbe dell’uomo se si fosse arreso dinnanzi alle calamità che hanno funestato la sua storia? La resistenza, tuttavia, non è solo una protezione verso le avversità esterne, ma anche verso se stessi. L’uomo deve resistere anche e, forse, prima di tutto a se stesso.
Deve resistere alle sue fragilità intrinseche. Deve distogliersi, sottrarsi dal vortice tumultuoso che lo attira, e lo imprigiona nelle sue spire. E’ il gorgo melmoso della filautiìa, lo spasmodico culto di sé, dell’egoarchia, della protervia vanagloriosa e funesta. Dell’autocrazia dell’ego. Si deve, in sintesi, salvare dal parossismo degli istinti umani. Dalla bestialità insita nell’uomo. Dal degenerare dell’essere umano, che si sostanzia nel amplificazione dell’animalità propria di quest’ultimo. Di fatto è certo che l’uomo sia uno Zoon, come già Aristotele aveva insegnato, ma lo è altrettanto che sia molto di più di questo. E che il suo essere uomo consista, in ultima analisi, proprio nel superare tale animalità. Nel suo essere, Nietzsche ci perdonerà, un oltre-animale.
In tale accezione la resistenza diviene l’affermazione e la conditio sine qua non dell’essenza umana, e dunque si identifica de facto con quest’ultima. E’ importante ribadire e asserire questo concetto oggi. Nella contemporaneità, infatti, pare aver perso di pregnanza e anche di rilevanza il concetto di resistenza. Ritenuta, dai più, non necessaria. Ridondante. Superflua. Così l’umanità è scivolata nelle sue profondità, scordandosi le sue peculiarità. Dimentica di se stessa. Così la resistenza e il resistere acquisiscono nell’attualità un’importanza maggiore, un significato cruciale. Un passaggio obbligato per infrangere le catene dell’alienazione, che da anni imprigionano il genere umano, e riappropriarsi dell’essenza umana. Perché l’uomo per essere tale deve resistere. Combattere. La resistenza è, dunque, la più pura affermazione dell’umanità. La testimonianza dell’eccedenza specifica dell’essere umano. L’uomo esiste solo nella resistenza.