Un giocatore professionista costretto a chiedere scusa con un video per avere salutato i tifosi avversari, gruppi ultras che sono soliti a essere nemici acerrimi ma che solidarizzano e protestano compatti. E’ stata una brutta giornata per il calcio italiano, davvero.
Domenica 6 ottobre. E’ appena terminato il derby Benevento – Nocerina, Felice Evacuo, attaccante dei padroni di casa, viene circondato, assediato dai propri tifosi. Colpevole. Di aver salutato i suoi vecchi sostenitori, quelli della Nocerina. Non basta. Perché il presidente del Benevento, Vigorito, chiede le scuse. Del giocatore, ovviamente. Evacuo pensa di mollare, ma poi viene convinto. Viene realizzato un video, un messaggio in cui il giocatore sembra essere un ostaggio. Chiede scusa, chiarisce il proprio gesto. Probabilmente non voleva realizzare questo messaggio. Anzi, sicuramente, perché basta vedere l’ultimo secondo del video, prima che esso sfumi, per accorgersi di un eloquente segno di Evacuo. Questo però conta relativamente. Semplicemente, non c’era nessun motivo, nessuno, per chiedere scusa. Si è macchiato di quale colpe? Perché il Presidente lo ha accusato? Perché non lo ha difeso dalle critiche feroci di qualche tifoso?
Perché, forse, succede quello che accade anche nelle altre categorie. Nella Serie A si sono scoperti ora gli effetti dell’inasprimento delle norme, volute dall’Uefa ma richiesti da tutti, per i cori razzisti. In Italia, esiste anche la discriminazione territoriale. E i cori in cui si urla Napoli colera, Vesuvio lavali col fuoco vengono etichettati così. Succede da diverse stagioni. E questi cori vengono puniti e si sa quali sarebbero stati le conseguenze. Forse, come spesso succede in Italia, nessuno credeva che questa volta si sarebbe fatto sul serio. E scatta la rivolta. I gruppi ultras fanno comunella, chiedono a tutti di innalzare quei cori. Si parla di voler silenziare i tifosi, di proibire la loro libertà d’espressione. Obiettivamente, affermazioni che stonano, e molto, col contesto. Eppure, su un punto si ha ragione. Chiudere uno stadio per cori offensivi significa allontanare ulteriormente le persone dagli impianti, chiudere uno stadio per cori come quello su Napoli (o qualsiasi altra città) significa dare una pericolosa arma in mano a dei gruppi. Punire i responsabili, non la collettività. Il colpirne uno per educarne cento – che non hanno colpe – lasciamolo nei libri di storia.
Una brutta giornata. Servirà a capire che negli stadi si può tifare senza insultare gli avversari? Che è questione diversa dagli sfottò e dall’ironia. E la vicenda, triste, di Evacuo illuminerà qualche mente? Senza poi dimenticarsi un piccolo particolare. Squalificare, chiudere settori in casi di episodi di violenza, o per cori tristi contro Superga, Heysel.