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Stefano Redaelli – Beati gli inquieti

by Gianluigi Bodi
Stefano Redaelli

Parto dall’esterno. Dalla copertina. L’uomo di spalle dipinto di rosso, sfocato, a testa bassa e penso che una bella copertina sicuramente non migliora un pessimo romanzo, ma rende giustizia a quello che già è un ottimo romanzo.

In “Beati gli inquieti” di Stefano Redaelli, pubblicato da Neo Edizioni giusto qualche giorno fa, la bellezza dell’esterno si sposa con quella dell’esterno. Questo è un romanzo di una dolcezza quasi straziante, un romanzo delicato in cui l’occhio del narratore è un occhio capace di cogliere ogni sfumatura, capace di pietà.

La storia raccontata in questo libro ci porta dentro a una struttura psichiatrica. Una volta l’avremmo chiamata manicomio, con tutto il retaggio di significati che questa parola porta con sé. Ma “Casa delle farfalle” non è una struttura dell’orrore, è un luogo in cui i malati di mente vengono rinchiusi per trascorrere le giornate senza scossoni: l’oggi identico allo ieri, identico al domani.
La domanda che il narratore sembra farsi è relativa alla ragione di questo confinamento, ma anche all’altro punto chiave in stretta relazione con il primo: perché nessuno viene a trovare i matti?

E quindi giriamo attorno al quesito che trovo essere uno dei fulcri potenti di questo romanzo. “Casa delle farfalle” è il luogo in cui parcheggiamo i matti per paura che si feriscano oppure per paura che feriscano noi?

Che la pazzia sia una pazzia assoluta è un fatto discutibile. In “Beati gli inquieti” la voce narrante è però capace di mettere sé stesso in relazione con i pazienti della struttura psichiatrica, di dialogare con loro, mettersi in gioco, influenzarli e farsi influenzare, dedicarsi a loro non più come se fossero oggetti di studio, bensì come fossero esseri che parlano una lingua diversa dalla nostra e che cercando di comunicarci una verità sacra.

In “Beati gli inquieti” di Stefano Redaelli ho apprezzato molto la costruzione quasi diacritica, ma credo che la parte che risulta ancora più brillante sia la carrellata dei personaggi, ognuno con la propria peculiarità che lo contraddistingue; un romanzo che diventa una costruzione a più voci, intrecciate tra loro per formare un flusso al quale il narratore si abbandona.

Stefano Redaelli è professore di Letteratura Italiana presso la Facoltà di “Artes Liberales” dell’Università di Varsavia. Addottorato in Fisica e Letteratura, s’interessa dei rapporti tra scienza, follia, spiritualità e letteratura. È autore delle monografie Nel varco tra le due culture. Letteratura e scienza in Italia (Bulzoni, 2016), Le due culture. Due approcci oltre la dicotomia(con Klaus Colanero, Aracne, 2016), Circoscrivere la follia: Mario Tobino, Alda Merini, Carmelo Samonà (Sublupa, 2013) e di numerosi articoli scientifici. Ha pubblicato la raccolta di racconti Spirabole (Città Nuova, 2008) e il romanzo Chilometrotrenta (San Paolo, 2011).
Il romanzo Beati gli inquieti è stato secondo classificato al “Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza 2019″.

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