Come si manifesta la storia che vuoi scrivere?
Per me il processo è molto cambiato nel tempo. Nei primi due romanzi tutto partiva dai personaggi. Li vedevo chiaramente, ne conoscevo il passato ma non sapevo dove volevano andare, per cui dovevo lavorare in quella direzione. Le domande che mi facevo suonavano all’incirca così: cosa vuole il personaggio A dal personaggio B? E perché?
A partire dal terzo romanzo invece, che è certamente molto più corale dei precedenti, la dinamica ha cominciato ad assumere l’aspetto di una coreografia: mi esplodono in testa brandelli di trama, singole unità episodiche che includono due o più personaggi, che si attirano e si respingono fra loro come due elettroni dello stesso segno, ma che si avvicinano sempre più a un nucleo il cui potere di attrazione aumenta mano a mano che mi documento e che produco materiali di lavoro.
Funziona così: sfioro un tema, perché mi viene in mente o perché leggo qualcosa in proposito, e questo attiva la mia curiosità. Approfondisco. Il tema comincia ad essere attratto gravitazionalmente dal nucleo della storia. Approfondisco ancora. A quel punto possono accadere due cose: a volte il tema perde aderenza, schizza via e si disperde come un filamento luminoso, più spesso si salda alla materia densa accumulata fino a quel momento e prima o poi assume la forma di una ramificazione sinaptica della vicenda che voglio raccontare.
E dopo che il primo seme è stato piantato che fai? Sinossi, schemi, scalette, ne parli con qualcuno? Come funziona il tuo processo di scrittura?
Io sono un’umile operaia della catena di montaggio creativa del Signore. Niente è più lontano da me del furor creativo dell’autore byroniano, della pagina bianca che si compila da sola. Io devo edificare partendo dalle fondamenta. Creo cartelle e sottocartelle, raccolgo materiale digitale e cartaceo suddividendolo per categorie, tengo traccia di ogni fonte consultata con Zotero, che è un bibliographic manager gratuito (ma in rete ce ne sono anche di altro tipo). Poi parto con gli schemi, a cui affianco il classico quaderno di appunti che mi serve più che altro per tenere conto del paratesto speculativo (riflessioni cioè che non entreranno mai nella narrazione ma che mi sento in dovere di mettere su carta). Soprattutto penso moltissimo, specie mentre cammino, e in genere nello stesso momento ascolto un audiolibro, un processo che fa sì che i libri degli altri si innestino sui miei in una lettura che non so definire altro che predatoria dato che ascolto senza smettere mai di chiedermi: a questo autore qui cosa posso rubare per la mia storia? Una parola? Un giro di frase? Un’intuizione? La quarta parte di un personaggio? Quando sono in queste fasi tutta la letteratura per me è solo un immenso bacino da cui attingere.
Come legge uno scrittore?
Credo di avere risposto in parte a questa domanda un attimo fa. Va detto però che non sempre leggo mentre sono nella fase creativa di un libro. Se non sto scrivendo, o se sono sostanzialmente alla fine di un romanzo, non si attiva lo spirito della filibusta e parte semmai l’apertura sapienziale, che per me riassume perfettamente Annie Dillard quando dice: perché stiamo leggendo se non nella speranza che la bellezza venga messa a nudo, la vita intensificata e il suo più profondo mistero svelato?
Quale argomento insegneresti per primo in un corso di scrittura?
Il coraggio. Senza la disponibilità ad accettare l’abbattimento di ogni barriera interiore si può fare al massimo del dignitoso intrattenimento, che è attività lecita. Tuttavia se per noi la lettura è il processo essenziale per stare al mondo – nei termini appena citati da Annie Dillard – è inutile prendersi in giro. La scrittura deve puntare a ottenere una qualche forma di redenzione – questo lo diceva Flannery O’Connor. Per qualsiasi obiettivo al di sotto di questo c’è il macramè, o molti altri onorevoli succedanei.
Emanuela Canepa (Roma, 1967) vive a Padova. Il suo esordio L’animale femmina (Einaudi 2018 e 2019), vincitore all’unanimità del Premio Calvino 2017, ha avuto un’ottima accoglienza di critica e di pubblico e ha vinto il Premio Letterario Fondazione Megamark, il Premio Anima della Confindustria e il Premio per la Cultura Mediterranea – Fondazione Carical nella sezione Narrativa Giovani. Sempre per Einaudi ha pubblicato Insegnami la tempesta (2020) e Resta con me, sorella (2023). Per Tetra è uscito Quel che resta delle case(2022).