Morten A. Strøksnes, intento a confabulare – in piedi – con il suo intervistatore, il professore cafoscarino Massimo Ciaravolo, ha in effetti l’aspetto del marinaio, più che del giornalista e scrittore quale è: maglione blu, camicia a quadri con colletto fuori e cappello (che non si toglierà per tutta la serata), da cui esce un ciuffo di capelli – perfettamente stirato sulla fronte – e soprattutto occhi di un azzurro liquido e opaco.
Entrambi – intervistatore ed intervistato – timidi, con Ciaravolo più incline al mezzo sorriso mentre Strøksnes tende a rimanere compassato. Il dialogo fra i due si svolge in norvegese, creando un curioso effetto-bolla e di sospensione, mentre il pubblico rimane in attesa di sapere cosa si siano detti i dialoganti. E pure l’incontro inizia con la battuta, quando Strøksnes spiega di essere sceso al Sud, e Venezia, per trovare un po’ di sole e caldo, trovando invece il clima di casa; presente quest’ultima anche con una grande cartina della Norvegia appesa per l’occasione in libreria, dove lo scrittore va subito a indicare il suo luogo natìo.
La spiegazione di cosa sia Il libro del Mare prende le mosse dai luoghi in cui è ambientato, il Mare del Nord e le isole Lofoten – dove vive il grande squalo della Groelandia, creatura marina quasi mitologica e “mostruosa” e della caccia che gli fanno i protagonisti del romanzo, ispirati – come lo stesso Strøksnes – dai racconti degli avi.
Ma che questo inseguimento sia solo una scusa per parlare di altro, lo si capisce fin da subito quando il discorso si allarga alla descrizione della fauna marina, di cui conosciamo – ancora oggi – pochissimo, e molto ancora filtrato dalle vecchie leggende e racconti, come quelli di Olao Magno. E qui Strøksnes sembra illuminarsi per evidenziarne il legame con Venezia: arcivescovo cattolico svedese, per sfuggire alla riforma luterana riparò, fra gli altri posti, nella città lagunare nel 1539 e qui pubblicò la sua famosa Carta marina et Descriptio septemtrionalium terrarum relativa all’Europa del Nord – dalla Groelandia meridionale alle coste baltiche della Russia – allora abbastanza sconosciuta a quella del Sud.
Quello che preme particolarmente a Strøksnes è non tanto esporre un manifesto ecologista, quanto riflettere sul rapporto tra uomo e Natura, quest’ultima intesa non tanto, come siamo abituati a fare, come terraferma, che ci è più familiare e facile da toccare oltrechè visibile, quanto quella sua parte marina, misteriosa e nascosta, ma che non solo esiste bensì copre la maggior parte dello spazio di questo nostro globo terracqueo.
Ed ecco che allora si svela la cifra ultima di questo Libro del Mare: non solo romanzo alla Moby Dick, con il mito del “mostro” da inseguire, non solo compilazione di curiosità scientifiche e stranezze varie, ma riflessione sulla necessità di rispettare la Natura, che all’uomo può essere matrigna ma non madre.