Non so se vi è giunta la notizia. A Venezia c’è stato un incidente mortale qualche giorno fa. Vi potreste immaginare un groviglio di lamiere accartocciate, con corpi esanimi che sbucano dai rottami eppure, sbagliereste. Lo scontro è avvenuto tra un battello dell’ACTV e una gondola. Ora, vi dovrei spiegare che a Venezia non si gira con l’auto, vi dovrei spiegare che la gente e i turisti si spostano con i battelli da una parte all’altra della città (sempre che non abbiano voglia di camminare) e che i turisti più hardcore si fanno pure un giro in gondola. Vi dovrei spiegare tutte queste cose perché più di qualche volta qualcuno mi chiede se si trova parcheggio a Piazza San Marco e io, di solito, rispondo che dipende dal giorno della settimana e che se vengono durante il weekend gli conviene scordarselo.
Non voglio entrare nelle dinamiche tecniche che hanno dato luogo alla tragedia. Un battello di qualche tonnellata si è scontrato con una gondola in legno e un uomo ha perso la vita. Punto. Per quel che mi riguarda il fatto principale è che un uomo ha perso la vita. Si poteva evitare? Forse sì, o forse no. Certo è che da quell’evento, come un sasso che cade nell’acqua, si sono propagate onde concentriche che in questo momento stanno turbando un equilibrio già di per se fragile.
Il rapporto tra Pope (i gondolieri) e il resto della popolazione del Canal Grande non è mai stato idilliaco. Ci sono state infinite proteste nei confronti dei piloti ACTV e pure dei tassisti perché, a dire dei gondolieri, il moto ondoso causato dalle imbarcazioni a motore gli impedisce di lavorare. E’ un punto di vista comprensibile, spesso me ne accorgo anche io della quantità di moto ondoso presente in bacino davanti a San Marco. Però è così. E’ una situazione che si genera dal voler far lavorare più categorie, si può decidere di obbligare le imbarcazioni a motore a mantenere una velocità contenuta, ma l’acqua è acqua e difficilmente si fa controllare.
Quello che mi ha colpito però oggi è altro. Andando al lavoro mi sono imbattuto in una delle locandine che, davanti alle edicole, lanciano i temi scottanti dei giornali. Accanto al marito che accoltella la moglie dopo una lite, scopro che ci sono continue liti tra Pope e Piloti ACTV, scopro che un gondoliere ha picchiato un turista e che l’ACTV querelerà il gondoliere che nella sua pagina Facebook aveva augurato a tutti i piloti ACTV una lenta e sofferta morte.
La cosa, più che sorprendermi, mi fa sorridere. Sorridere perché me l’ero già immaginato che il meccanismo sarebbe partito in pompa magna. Mi ero immaginato, dall’alto della mia ormai conclamata ingenuità, che qualcuno avrebbe iniziato a setacciare tutte le notizie riguardanti i gondolieri e i piloti per riempire le locandine e di conseguenza i giornali. Funziona così, giusto. Per un paio di settimane ogni cosa, anche quella che sfiora di striscio la questione, verrà lanciata in pasto al lettore. Solo che Venezia è una città piccola, anormale, spesso manca l’aria e la gente vive a stretto contatto.
Allora, siccome ho fantasia, ho pensato che da quel tragico evento si potrebbe sviluppare una catena di eventi concatenati tra loro, piccole cose all’inizio, qualche sgarbo, qualche facezia, delle battute scontate usate e riusate fino alla nausea eppoi, qualcosa di più grande, qualche zuffa, degli scontri tra barche e gondole, delle risse fuori dai bacari, del sangue. Come una palla di neve che rotolando si fa valanga, la nostra escalation sarebbe difficile da fermare.
Non immaginerò oltre, mi fermerò qui. Mi limiterò a credere che le parti in causa siano talmente tanto intelligenti da sedersi attorno ad un tavolo e discutere. Sarebbe quantomeno carino che fatti di questa portata non si ripetessero più, ma, come detto, devo contare sull’intelligenza delle persone coinvolte.
L’unica notizia che ho, per ora, è che subito dopo l’incidente si è parlato di dare una stretta alle licenze. Bah, non sono nemmeno sicuro di sapere cosa significhi, ma quello che è certo è che a me, questa affermazione, mi ha dato la stessa sensazione che mi da sempre l’Italia. Chiudere il recinto quando i buoi sono già scappati.
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