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Parental Advisory: Abortire le notizie

by senzaudio

A cura di: Graziano Carugo Campi

“La mossa Kansas City è quando loro guardano a destra e tu vai a sinistra”. (Mr. Goodkat)

In questo appuntamento parliamo di trucchi del giornalismo e di notizie abortite. Partiamo da qualcosa di cui sono convinto avrete sentito parlare la settimana scorsa

Parliamo di aborto. Tranquilli: non dirò nulla a favore o contro. Non farò nemmeno battute sulla pillola del giorno dopo, la RU486, quella che se la producesse la Bayer potrebbero fare la pubblicità con lo slogan “li ammazza stecchiti”, tanto è efficace, come un insetticida. Niente di tutto questo.

Io ho la mia convinizione da cattolico praticante: i conti si fanno alla fine. E se ha ragione chi non la pensa come me, chi se ne frega: dopo la morte è tutto finito e non ci penso più. Io mi tengo la sicurezza assoluta che, grazie alla mia fede, morirò con la serena e certa consapevolezza che dall’altra parte chi non mi dà ragione oggi brucerà all’inferno domani.

Dico sul serio: il cattolicesimo dà un vantaggio non da poco rispetto all’ateismo. Ti dà la certezza che la vendetta prima o poi arriva ed io sono contento di essere cattolico praticante perchè voglio vedere chi non la pensa come me finire all’inferno. Sono rancoroso.

Ma torniamo alla notizia e cerchiamo di essere seri, mentre su notepad continuo a segnarmi i nomi di chi finirà all’inferno e chi no: una coppia accusa di essere stata costretta ad abortire in un bagno dell’ospedale, perchè non c’erano medici disposti a seguirla. Il seguito della notizia, in quasi tutti i giornali e telegiornali, riporta di come ci siano troppi medici obiettori di coscienza.

Andando nei dettagli, dopo “15 ore di dolori lancinanti, vomito e svenimenti partorisco dentro il bagno dell’ospedale con il solo aiuto di mio marito”. “Nessuno ci ha assistito nemmeno dopo aver chiesto aiuto più volte. Anzi a un certo punto sono entrati gli obiettori con il Vangelo in mano a dirci che commettevamo un crimine”. Il fatto risale al 2010 e la scelta di abortire, al quinto mese di gravidanza, è dovuta alla scoperta di una non precisata grave malattia genetica. L’aborto, iniziato da un medico, secondo la testimonizanza sarebbe stato lasciato a metà perchè il medico finiva il turno e chi entrava al posto suo era obiettore
di coscienza.

Tutto molto doloroso. Però i conti non tornano.

Siamo nel 2014, e la notizia esce solo oggi. Un medico inizia una “cura” e a un certo punto sente suonare la sirena, pianta lì tutto e va a timbrare il cartellino, un po’ tipo la sigla dei Simpson. Tralascio quelli col Vangelo in mano perchè non riesco a non immaginare la scena in cui c’è questa signora seduta sulla tazza del cesso con le gambe aperte e il senatore Giovanardi dietro che recita il “Salve Regina” col Vangelo in mano.

Non di meno, non mi torna però che all’improvviso l’aborto diventi procedura d’urgenza, non rinviabile al giorno dopo, che la paziente venga spostata da una sala preposta ad un cesso di ospedale, che nessuno dei cattolici col Vangelo in mano, tanto invasati, non abbia preteso l’interruzione di quello che, a conti fatti, senza l’intervento di un medico si profila come aborto clandestino (e quindi reato).

Intendiamoci: il dolore va rispettato. Come va rispettata la professionalità giornalistica, che prevede che le notizie vadano verificate e che quando ci sono due campane, entrambe abbiano la stessa cassa di risonanza. Cosa che non è accaduta.

Ci penso io.

Così rispondono dalla ASL: “La signora – ha reso noto in serata l’azienda, dopo aver effettuato delle verifiche – è stata seguita dal personale che ha l’obbligo dell’assistenza anche nel caso di obiezione di coscienza. Nel caso specifico due medici non obiettori che fanno parte dell’equipe istituzionalmente preposta all’Ivg. Pur comprendendo il disagio – prosegue la nota – dovuto al lungo periodo di travaglio, si fa presente che la rapidità della fase espulsiva del feto, avvenuta nella stanza di degenza alle ore 3 della notte, è un evento assai comune per il periodo gestazionale. La signora è stata prontamente assistita e avviata alla sala parto per le successive procedure previste nel post parto”.

Ops.

Ecco dove volevo arrivare: i conti non tornano. Non tanto perchè la verità è relativa, nel giornalismo, quanto perchè se si dà una notiza, è meglio verificarla. Ma non basta. Questo lo sapete già, se siete un po’ seri. Perchè, e qui arriva quello che volevo dire sul giornalismo, bisogna anche chiedersi come mai una notizia non viene verificata, esce dopo quattro anni e presenta così tante lacune.

Dopo l’uscita della notizia, sono spuntate come funghi pagine su facebook e petizioni volte a “negare il diritto all’obiezione di coscienza per medici e farmacisti”. Va detto che, insieme ad esse, i commenti sul Vaticano, i cattolici e la “topa è mia e la gestisco io” non si sono risparmiati. E va detto anche che in questi giorni la polemica sulla Ru486, che di fatto sostituisce l’aborto, si stava alzando di nuovo.

Siete voi a dovervi fare un’idea. Non mi permetto di entrare nelle vostre coscienze per obbligarvi a pensare quello che penso io, anche perchè non vi voglio tutti con me in paradiso, se no che gusto c’è a digiunare il venerdì di Quaresima? (nessun gusto, ve lo garantisco io che sto andando avanti a pane ed acqua solo con la prospettiva di poter un giorno decidere “chi scende e chi sale”).

Mi permetto però di dire che un giornalismo che vuole influenzare le menti in maniera subdola, sperando di trovare terreno fertile nella superficialità o nell’ignoranza, non è un buon giornalismo. E va temuto.

Questo è quello che volevo dire in questo articolo. Basta poco a manipolare, se le nostre coscienze si addormentano.

“Mi dispiace figliolo ma a volte la vita non è fatta di solo vivere. E poi, non si può fare una mossa Kansas City senza un morto”. (Mr. Goodkat)

Avvertenza: Questo è un articolo semi-serio. I contenuti in esso espresso non rispettano necessariamente il punto di vista della redazione di Senzaudio o quello dell’autore, che forza concetti e stereotipi con l’intento di intrattenere e creare dibattito.

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