Last days of California – Mary Miller

by Gianluigi Bodi

Alla fine, in quella macchina, finisce che ci stai dentro pure tu. Che ti senti stretto, perché i viaggi lunghi in macchina quello fanno, ti stringono. Finisce che puzzi di sudore, che ti viene la nausa e poi finisce che pensi, pure troppo pensi.
Jess ed Elise sono in viaggio con i genitori in direzione California. Non si tratta di un viaggio di piacere. La meta è quella perché è li che devono aspettare il Secondo Avvento, è li che la fine del mondo li coglierà e li farà diventare speciali. Sì perché perché la famiglia di Jess è una famiglia di credenti. Pregano prima di mangiare, indossano delle T-Shirt con su scritto “Cristo Re” e fanno volantinaggio per convertire quante più persone possibili. Attraversano una parte d’America fermandosi in motel pulciosi e alberghi di lusso e le due ragazze, quando non viste, si danno all’alcol e alle compagnie maschili.
Elise è la bella, quella che tutti guardano. Jess è rotondetta, la più bruttina, quella che non sa chi è. Attraverso gli occhi di Jess siamo testimoni di questo viaggio verso la fine del mondo. Una sorta di road trip verso la salvezza di una famiglia che ha bisogno di essere salvata, ma non dalla fine del mondo bensì da se stessa.
Elise è incinta, i genitori non lo sanno ancora. Lo sa solo Jess. Jess non capisce quale sia il suo ruolo al mondo. Non vuole essere quella intelligente, vorrebbe essere quella bella, vorrebbe essere guardata dagli altri come gli altri guardano Elise. Elise non vuole complimenti, se le dicono che ha dei denti bellissimi pensa che prima o poi dovranno marcire. Ciò che gli altri vedono in lei è effimero.
Ma quello che più manca alle due è la verità. La famiglia di Jess e Elise sembra vivere in un limbo, una pace forzata, una gioia indotta da dei meccanismi che le due non riescono a comprendere e a condividere. Come se ad un bambino rispondessi ad un perché con un lapidario “perché sì”.
E’ un romanzo di formazione, forse, “Last days of California“. La formazione di una famiglia.
La scrittura della Miller è un sottofondo musicale al viaggio della famiglia. E’ l’esplorazione a tentoni che Jess fa della propria fede, della propria vita e del ruolo che ha nel mondo. E’ Jess il nostro centro, il punto da cui la scrittura della Miller ci arriva. E non possiamo fare a meno di amarla questa quattordicenne insicura. Perché è qualcosa che abbiamo dentro anche noi. Qualcosa che abbiamo sperimentato nel momento in cui ciò che ci dicevano di credere perse improvvisamente significato. Ed il vuoto che ne consegui fu devastante per il nostro equilibrio.
Si salverà questa nostra famiglia, Jess e Elise troveranno un posto privo di scosse. La madre e il padre riusciranno a mantenere in piedi la finzione?

Quando prendo in mano un libro dell’editore Clichy ho già un mezzo godimento. Sentire al tatto l’irregolarità della copertina mi mette in contatto con il libro, lo rende più  materia di quanto esso già sia. “Last days of California” è il primo volume della collana “Black coffee” e se il buon giorno si vede dal mattino la sera sarà stellata. “Black Coffee” sarebbe dovuta essere una casa editrice indipendente, ma siccome le strade del destino sono imperscrutabili le cose sono andate un po’ diversamente.

Mary Miller è autrice di una raccolta di racconti, Big World, e le sue storie sono apparse su American Short Fiction, Ninth Letter, McSweeney’s Quarterly, Mississippi Review, Black Clock, Indiana Review. È considerata una delle voci più promettenti dell’attuale panorama letterario americano. Nata a Jackson, Mississippi, ora vive ad Austin, Texas. The last days of California è il suo primo romanzo.

Sara Reggiani ha tradotto questo libro a tratti dolce e a tratti amaro. Credo di poter dire che abbia fatto un ottimo lavoro. La lettura procede spedita, senza sentire il cigolio dei meccanismi. Brava!

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