Dedicate un’ora della vostra vita a leggere questo libro. Io vi renderò le cose più facili scrivendo una recensione breve, più che una recensione, una segnalazione.
A causa di una serie di fortunate coincidenze, in mezzo ad una parte degli scritti di Beckett spediti all’università di Reading, compare un diario di un fantomatico aiutante di Samuel Beckett che nessuno ha mai sentito nominare.
Il diario racconta un periodo concentrato nel quale lo scrittore è alle prese con una rappresentazione teatrale del suo “Aspettando Godot” che si deve tenere in un carcere di Stoccolma. Chi scrive questo diario è uno studente squattrinato che ha bisogno di un lavoretto per raccimolare qualche soldo e accetta di fare l’assistente per Beckett.
Martin Page racconta questa storia come pretesto per farci riflettere, ma siccome ognuno recepisce un testo nel modo che gli è più congeniale io vi dico su cosa ho riflettutto io, poi voi riflettete per i fatti vostri.
Mi è piaciuto dovermi confrontare con l’idea rigita che avevo di Beckett, ho dovuto pensare a quanto spesso l’opinione che abbiamo di uno scrittore influenza la nostra percezione del suo lavoro. Martin Page su questo concetto ci gioca. Ora che mi ha fatto vedere un Beckett diverso e più giocoso, uno spirito libero che quando cerca di fare il serio pensano che stia scherzando e quando scherza tutti pensano che sia serio, l’immagine che proietterò sulle prossime letture di Beckett non potrà che avere dei debiti con l’idea che Page ha iniettato nella mia testa. Pur se l’immagine data potrebbe o non potrebbe essere finta.
Inoltre, lo stesso diario è uno scherzo nello scherzo. L’autore racconta di come Beckett, con il suo aiuto, abbia deciso di falsificare parte degli archivi buttando negli scatoloni indirizzate alle università alcuni oggetti senza senso. Beckett sapeva che i critici si sarebbero spremuti le meninigi per venire per risolvere i suoi rompicapi e avrebbero interpretato i suoi scritti anche alla luce di quei ritrovamenti assurdi. A me piace pensare che questo diario sia parte di quel tentativo di contraffare la momoria di Beckett.
E poi, come dice l’autore del diario, non basterà che muoia Beckett per riuscire a comprendere con distacco la sua opera, è necessario che muoiano anche tutti quelli che l’hanno conosciuto e che di lui si sono fatti un’idea.
Andare a comprarvi il libro. Clichy l’ha ristampato.
Ottima la traduzione di Tania Spagnoli.
Martin Page è nato a Parigi nel 1975 e attualmente risiede a Nantes. È autore di numerosi romanzi tra cui i divertentissimi Come sono diventato stupido e Una perfetta giornata perfetta (entrambi editi da Garzanti), testi tradotti in numerose lingue e che lo hanno reso un vero e proprio autore di culto. Dal 2011 scrive anche sotto lo pseudonimo di Pit Agarmen (anagramma di Martin Page).