In occasione dell’uscita dell’ultimo lavoro del professor Duccio Demetrio “Green Autobiography” abbiamo avuto l’occasione di scambiare due chiacchiere con l’autore. Ringraziamo sentitamente il Professor Duccio Demetrio, la casa editrice Booksalad e Edelweiss servizi editoriali.
Cosa spinge una persona a frequentare lo stesso campo di studi per un periodo così lungo? E’ semplicemente passione oppure dietro c’è dell’altro?
Sovente nelle nostre consuetudini accademiche, per fortuna non in tutte, i ricercatori modificano di frequente i loro oggetti di indagine. Allettati dalle mode del momento, dalle richieste del dibattito scientifico, da pressioni dei cattedratici di riferimento. Per essere al passo con i tempi, per restare in auge anche all’ interno delle comunità scientifiche di riferimento, per motivi di carriera. Nella prudenza di non essere fin troppo liberi e autosufficienti. Nel mio caso, un po’ per temperamento, un po’ perché nessuno ostacolò all’ inizio della mia carriera alcune scelte di ricerca “ fuori strada”, ho potuto restare fedele ad alcune passioni culturali originarie, preoccupandomi al contempo di mostrarmi sensibile alla necessità di rivedere paradigmi, approcci concettuali, attuazioni sperimentali. Quando poco più che ventenne ebbi la grande opportunità di occuparmi di scrittura nei mondi dell’analfabetismo adulto; quando scelsi di occuparmi di educazione in questa età tra i pochissimi agli inizi degli anni ‘70; quando la mia formazione filosofica mi spinse a condividere le tesi di grandi maestri del pensiero esistenzialistico in campo pedagogico, ecco che nell’ incrocio di questi tre motivi – altrettanti incontri fortunati – si delinearono le passioni per i processi di cambiamento nel corso della vita attraverso la scrittura di sé e autobiografica; per la definizione dell’ idea di adulto; per l’ analisi della condizione umana soprattutto in riferimento alla narrazione della propria soggettività. In quasi quarant’ anni di lavoro sono rimasto fedele a questi temi, laddove le mie infedeltà accademiche hanno riguardato per lo più l’ abbandonare ( a ragion veduta ) punti di vista che non mi permettessero di gettare nuovi sguardi su di essi, sui loro promettenti intrecci. Che negli ultimi anni poi abbia iniziato ad occuparmi di filosofia della natura in riferimento alla prospettiva autobiografica, non è altro che un ritorno alle origini. Quando da bambino l’ amore per le piante, gli animali, la campagna mi fecero sognare di diventare un naturalista. Oggi sono tornato a quei momenti iniziatici, ritrovandoli ormai negli argomenti che hanno segnato il mio iter di studioso e di scrittore.
“Green Autobiography” un libro molto facile da leggere, scritto con l’idea di veicolare un messaggio chiaro a quante più persone possibili. Eppure, la sua struttura è complessa e rimanda a quella di buona parte dei saggi di divulgazione scientifica. Contesti storici, rimandi ai miti greci, fonti ed esempi che servono a suffragare una tesi. Come si riesce a mantenere un perfetto equilibrio tra la necessità di essere compresi e quella di esplorare sistematicamente un argomento di tale portata?
Da quasi vent’ anni la mia scrittura ha cercato di liberarsi delle sintassi, dei lessici, dei rituali stilistici che l’ università ci richiede. Al rischio di essere criptici, di parlare soltanto ai circoli accademici facendo sfoggio delle oscurità più che della limpida prosa che è in grado di farci intendere da un pubblico colto ma non formato soltanto da specialisti. Non per questo ho rinunciato di scrivere libri e su riviste specialistiche, ma è certo che lo faccio spesso annoiandomi. Mentre la possibilità di coinvolgere lettrici e lettori che sentono come io sento, che pensano criticamente come io penso allo stesso modo. Non all’ inseguimento di verità assolute e di certezze, ma sempre messe in dubbio e relative. Questo stile discorsivo che ho perseguito non senza fatica, mi rende piacevole ed entusiasmante, quasi una necessità vitale, lo scrivere per chi si accorga dei miei titoli e soprattutto, per me, corrisponde ad un entusiasmante sfida nei confronti di un testo che vorrei parlasse soltanto di me. “Green autobiography”, giustamente è un testo complesso, ma credo non complicato; ricco di riferimenti filosofici e letterari; nelle cui pagine le suggestioni non si dimenticano mai di mostrare che quanto affermo può diventare pratica narrativa per tutti. Poiché ognuno di noi anche se sporadicamente ha avuto ed ha un rapporto con la natura. Ogni autobiografia contiene fili verdi fin dall’ infanzia, poi ritrovati in seguito, grazie ai quali abbiamo avuto modo di ridare un senso alla nostra vita. L’ amore per la natura, per la terra, per i viventi non umani non può che essere pari all’ amore per noi stessi e per gli altri. Dal momento che anche se le concezioni antropocentriche mirano a farcelo dimenticare, noi apparteniamo a questo mondo. Non ne avremo mai un altro e se anche fosse sarebbe pur sempre diverso da questo. Ecco il mio libro vuole rilanciare l’ amore per la terra che abitiamo, anche dentro di noi, nelle nostre fibre, nei nostri ricordi, in ogni passo che facciamo.
“Green Autobiography è un libro dalle mille sfaccettature. Leggendolo si ha l’impressione che ognuno di noi possa trovarvi dentro qualcosa che parla alla propria parte interiore. Io ad esempio lo reputo, oltre che ad un manuale di scrittura autobiografica anche un manuale per riprendere contatto con la natura. Per abbracciare pienamente la causa naturalista e salvaguardare il destino del nostro pianeta.
Il sottotitolo del libro “ La natura è un racconto interiore” credo esprima adeguatamente il mio intento, al quale già accennavo nel rispondere alla domanda precedente. E’ vero, come dice, si presta a “per molte letture”, ma ciò non significa che si tratti di un trattato enciclopedico volto ad accontentare tutti. In tal caso avrei fallito e avrei ingannato i lettori. C’è un filo conduttore, oltre che tematico, di natura stilistica che mi premeva offrire coloro che fossero e siano interessati a ritrovare nella loro memoria quei momenti nei quali la natura li abbia stupiti, affascinati, meravigliati anche in un passato lontano. Circostanze anche non eccezionali per altri, nelle quali ci è stato dato gettare uno sguardo più consapevole del solito nei confronti della vita. Le stranezze, le curiosità, le bellezze anche terribili che la natura non cessa di mostrarci e di narrarci a suo modo, rappresentano l’ incontro con la differenza mai del tutto radicale tra noi e le cose. Ma nondimeno, una possibilità di riconciliazione, di rispetto, di cooperazione affinché la vita ( la nostra compresa) non debba subire le devastazioni che non cessiamo di perpetrare contro di essa a piè sospinto. C’ è molta poesia, letteratura, scrittura elevata e umile: ritengo che la coscienza ambientalista ed ecologica abbia trascurato di cogliere in queste rappresentazioni individuali e collettive della natura un’ occasione per diffondere i suoi principi. La si ama e la si difende anche con la poesia insomma, non soltanto con la scienza e la tecnologia, con le battaglie politiche. Ma diffondendo il senso della bellezza che il più modesto passero, un albero, un vento, una nuvola sanno donarci.
Ancora sul rapporto uomo/natura. Trovo molto interessante l’idea che il nostro scrivere autobiografico debba necessariamente passare attraverso l’influenza che la natura ha su di noi.
Da quanto detto mi pare evidente che nel momento in cui poniamo mano alla penna o alla tastiera per raccontarci in prima persona, equivarrebbe a mutilarci di incontri importanti se tacessimo di quanto ci hanno insegnato a vedere, ad ascoltare, a gustare, ad annusare, a pensare gli incontri con le tante gamme attraverso le quali la natura si manifesta. Porsi domande simili: “ c’è un filo verde nella mia storia?”; “come si si è dipanato e che ho fatto per mantenerlo vivo dentro e fuori di me?”; “ la fedeltà ad esso verso quali scelte mature mi ha condotto, chi debbo ringraziare se questa passione si è rivelata sempre più tenace”, ecc, equivale non solo a scrivere la propria storia tingendola di verde. Infatti sono domande che ci interrogano rispetto allo stile di vita che ci siamo dati, al tipo di passatempi coltivati, ai modelli educativi che abbiamo trasmesso ai figli e nipoti, ai compagni e alle compagne di vita che ci siamo scelti. Scopriremo, soprattutto affidandoci alla scrittura come meditazione green, che insomma abbiamo forse bisogno di ritrovare dentro di noi, per salvarla quale sia la nostra età, quell’ infanzia che ci ha consentito di imparare a camminare, a parlare, a entrare in relazione con gli altri senza infrangere il silenzio e l’arcano delle cose.
Cosa prova nel vedere che la “Libera università dell’autobiografia”- LUA ha negli anni generato frutti in tutta Italia? Ad esempio a Treviso è nato CartaCarbone, un festival di letteratura che si ispira alle tematiche della scrittura autobiografica.
Quando con il grande giornalista Saverio Tutino decidemmo di fondare nel 1998 la Libera Università dell’ Autobiografia di Anghiari ( bellissimo borgo toscano in provincia di Arezzo ) sicuramente né lui, né io avremmo pensato di raggiungere dopo quasi vent’ anni il successo che ha riscosso in tutta Italia e non solo. Sono centinaia e centinaia le persone che dopo aver frequentato la nostra scuola ( si può consultare il sito: www.lua.it ) hanno avuto la grande soddisfazione di realizzare il loro desiderio di scrittrici e scrittori per diletto, come amo chiamarli. E cioè la redazione, non da scrittori mossi da intenti di pubblicazione, della loro storia di vita: come soddisfazione personale, dono da lasciare a figli e nipoti, a chiunque volesse saperne di più di noi. Il successo è stato ed è determinato da tre fattori: abbiamo intercettato un bisogno diffuso di raccontarsi in prima persona come volontà di reagire alla alienazione presente, come volontà di non sentirsi immersi nell’ anonimato e nella solitudine. Il secondo motivo è riconducibile alla scoperta che scrivere di se stessi è una sorta di cura, se non di terapia, di messa in ordine della propria vita. Infine la comunità di Anghiari ( un’ associazione culturale senza fini di lucro ) si fonda per lo più su un volontariato che i permette di non chiedere finanziamenti a nessuno nella realizzazione delle nostre attività. Questo ci ha permesso di essere liberi nelle scelte, nelle sperimentazioni, nell’ offerta di una opportunità i dibattito scientifico e filosofico sull’ approccio autobiografico e sulle sue implicazioni a livello di benessere e di impegno sociale. Alla nostra scuola infatti si viene per scrivere anche posto degli altri, di coloro che non sanno o possono più scrivere di sé pur desiderandolo. Formiamo infatti scrivani e biografi, raccogliamo memorie che altrimenti andrebbero perdute e recentemente – grazie alla nostra scuola recente di eco-narrazione – diamo un contributo alla diffusione della coscienza ecologica facendo esperienze di green autobiography.
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Dopo essere stato professore ordinario di Filosofia dell’educazione e della narrazione all’Università degli studi di Milano – Bicocca, Duccio Demetrio è ora docente e direttore scientifico della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, da lui fondata con Saverio Tutino nel 1998, e di Accademia del silenzio. È autore di numerose opere dedicate alla condizione adulta, alla scrittura terapeutica di sé, alla formazione nel corso della vita; fra queste e tra le più note: Raccontarsi (Cortina, 1996); L’educazione interiore (Nuova Italia, 2000); Autoanalisi per non pazienti (Cortina, 2003); Filosofia del camminare (Cortina, 2005); La vita schiva (Cortina, 2007); La scrittura clinica (Cortina, 2008); Ascetismo Metropolitano (Ponte alle Grazie, 2009); L’interiorità maschile (Cortina, 2010); Perché amiamo scrivere (Cortina, 2011); I sensi del silenzio (Mimesis, 2012); La religiosità della terra (Cortina, 2013); Silenzio (Edizioni Messaggero, 2014).
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