Io non leggo mai libri come questo. Non leggo mai storie vere, racconti in prima persona di qualcuno che ha avuto una vita difficile, un handicap magari. Non lo faccio. Non è una questione di principio, sia chiaro, è una specie di arma. Un voler salvaguardare il mio equilibrio interiore.
Ho fatto un eccezione. I motivi non li sto a dire, è capitato.
Meglio che sia capitato.
“Il silenzio delle conchiglie” è la testimonianza diretta di Helen Keller (e se il nome non vi fa suonare alcun campanello nella testa non siete i soli). Ora, la recensione è complessa, è complessa perché devo decidere quale informazione darvi per prima perché questa informazione influenzerà pesantemente la percezione che avrete sulla natura di questo libro.
Per cominciare, quindi, vi dirò che questo racconto in prima persona è caratterizzato da una leggerezza meravigliosa. La sensazione che si percepisce è quella di una persona che affronta la vita con una vitalità fuori del comune, qualcuno che non si lascia abbattere dai piccoli drammi quotidiani e che sembra vedere le cose in un insieme che spesso a noi sfugge. Il continuo senso di gioiosa scoperta espresso dall’autrice in qualche modo apre una breccia nel nostro essere riportanto alla luce quello che significava essere bambini e sperimentare tutto per la prima volta. Il trovarsi a giocare per ore con dei cucchiaini o una paletta e il secchiallo.
Questo è un libro che ho affrontato senza pensare al modo in cui viene usata la lingua. Rettifico. L’ho letto senza voler giudicare lo stile di scrittura. L’ho letto per i contenuti, per la storia che raccontava, per l’esperienza che condivideva. Ero sicuro che la chiave per affrontare “Il silenzio delle conchiglie” fosse extraletteraria, fosse posizionata nell’ambito delle percezioni sensoriali e credo di non essermi sbagliato. Alla fine, però, ho scoperto che lo stile, il modo di affrontare la scrittura da parte della Keller erano in perfetta sintonia con i contenuto del volume. Un rapporto indissolubile che si alimenta a poco a poco con il passare delle pagine.
Ora l’altra informazione, quella che alcuni riterranno principale e che avrebbero voluto leggere per prima. Helen Keller a causa di una non ben precisata malattia (pare scarlattina) è diventata sordo cieca in tenera età. Probabilmente se vi è familiare “Anna dei miracoli” dovreste sapere che il libro, che in originale si chiama “The miracle worker” è dedicato proprio alla Keller.
Ebbene? Un’altra di quelle storie strappalacrime fatte apposta per farvi sentire in colpa per non avere avuto la stessa sfiga della protagonista? Un’altra storia esempio che dovrebbe farvi capire che le vostre sfuriate per un semaforo verde mancato, un posto in parcheggio rubato o chissà quale altra piccolezza non sono nulla in confronto a chi soffre davvero?
No, nulla di tutto questo, nulla di moralistico, solo il racconto di una vita declamato da una persona che, nonostante l’handicap non si è mai sentita inferiore a nessuno e che è stata un esempio positivo di tenazia e volontà per generazioni di americani.
Ecco, io tendenzialmente non leggo libri come questo perché il messaggio che ne ricavo è, spesso: idiota, cosa ti lamenti delle tue cosucce quando io ho dovuto combattere contro il cancro!
Non li leggo perché non amo sentirmi in colpa per essere una persona totalmente normale con degli scazzi normali, delle giornate orrende e altre positive. Probabilmete
In questo libro invece c’è dell’altro, c’è una medicina contro i tempi di crisi. Il messaggio, perdonatemi se parlo di messaggio, è che con la tenacia si possono raggiungere traguardi meravigliosi, con la tenacia e le persone giuste al proprio fianco.
Questo è quello che porto via con me da “Il silenzio della conchiglie”, non ho maturato compassione nei confronti della scrittrice. Mi sono dispiaciuto per la sorte che le è toccata, un bimbo non dovrebbe mai soffrire, ma aldilà di questa verità scritta direi che non ho provato compassione per le perché non l’ho mai considerata una persona inferiore (anche solo fisicamente) a me.
Helen Keller (Tuscumbia, Alabama, 1880 – Westport, Connecticut, 1968), sorda e cieca dall’età di 19 mesi, è una delle donne più famose di ogni tempo. È stata scrittrice, insegnante, avvocato, suffragetta e attivista politica. Quattordici presidenti degli Stati Uniti vollero fare la sua conoscenza. La fondazione che porta il suo nome è impegnata in attività di assistenza e volontariato in tutto il mondo. La sua infanzia è stata raccontata anche nel film Anna dei miracoli.
Una doverosa citazione per E/O edizioni il cui catalogo è un calidoscopio letterario . Affrontare una loro lettura è ogni volta diverso, appagante, misterioso. Immagino che ciò sia dovuto anche alle persone che lavorano nella casa editrice e che non conoscendo personalmente posso riassumere in un comulativo: complimenti e via così.