Pochi giorni fa un’ondata d’indignazione ha scosso la Rete (si fa per dire) alla notizia bomba (sempre tanto per dire) della ristampa de Il piacere di Gabriele D’Annunzio con una copertina ammiccante, ultracommerciale, cinquantasfumaturosa. Insomma, una cosa offensiva & sacrilega. Quello che ha colpito la mia immaginazione però non è stata la copertina, ma è stato tutto quel gran casino su internet. In verità è durato poco, ma mi è bastato. Chi si strappava i capelli, chi gridava giustappunto al sacrilegio, chi sosteneva che l’apocalisse è arrivata e via discorrendo. Tutti a difendere D’Annunzio, tutti a difendere un’idea di letteratura con la elle maiuscola contro i mercanti che hanno profanato il tempio. Tutti a spintonare sull’altare brandendo la nuova edizione economica come prova del fatto che ormai qualsiasi cosa è possibile. Che tempi, che tempi. Ma ai bei vecchi tempi, invece, era diverso? E in quali tempi? In quelli del vate? Nessuno dico nessuno ha sospettato che D’Annunzio, autore bramoso di successo commerciale, avrebbe forse acconsentito che il suo “capolavoro” fosse profanato con una copertina ammiccante, financo un po’ trash? Siamo sicuri che la possibilità di vendere qualche copia in più non lo avrebbe tentato? Assecondando l’ispirata prosa del Nostro, mi viene da dire che: “Queste fallaci purificazioni ed elevazioni del sentimento avvenivano sempre nei languidi intervalli del piacere, quando sul riposo della carne l’anima provava un bisogno vago d’idealità. Allora, anche, risorgevano nel giovine le idealità dell’arte ch’egli amava; e gli tumultuavano nell’intelletto tutte le forme cercate e contemplate, chiedendo di uscire; e le parole del monologo goethiano l’incitavano”, sebbene stavolta non si sia trattato di monologo goethiano, quanto di una pioggia acida di status inveleniti su Facebook. Aggiungo ancora, sempre saltando sulle spalle del vate: “Il rame l’attraeva più della carta; l’acido nitrico, più dell’inchiostro; il bulino, più della penna”. E i soldi? I soldi forse non lo attraevano? Almeno quanto se non più dei like che attraggono i nostri profeti dello scandalo? Il Poeta era forse un puro, così come l’idea di letteratura che qualcuno propugna quasi senza accorgersene, sospinto da tumulti & sentimenti assortiti? E se tutto questo sbandierato amore per le belle lettere non fosse altro che una forma inconsapevole di religiosità? Il bisogno di credere in qualcosa adesso che non abbiamo più niente in cui credere? La ricerca della purezza in un mondo corrotto dal male?
Che Dio ci strafulmini, mi sono detto alfine, dopo aver abbandonato al suo destino Il piacere di D’Annunzio e con esso il tentativo di rileggere le imprese di Andrea Sperelli. Copertina o non copertina, a me ‘sto libro continuava a fare schifo. Che ci volete fare, ci ho provato, per lo meno. Ci ho provato più volte, ma a D’Annunzio preferisco l’insalata e, non me ne voglia pure il sommo Franco Battiato, soprattutto… soprattutto preferisco “gli idioti dell’orrore”. Davanti a me, sul comodino, c’è Revival di Stephen King (ottimamente tradotto da Giovanni Arduino), butto per aria Il piacere e lo sfoglio, attacco con il primo capitolo; è tardi ma va be’, andiamo avanti, ancora poche pagine e poi a nanna. E invece… un capitolo dopo l’altro l’ho fatto fuori velocissimamente e durante la lettura giammai mi “tumultuavano nell’intelletto tutte le forme cercate e contemplate, chiedendo di uscire” (qualunque cosa fossero queste forme), né le parole del monologo goethiano m’incitavano a far qualcosa di diverso dal prendere sonno pensando al capitolo successivo. Anzi, al contrario di quello che scriveva il Poeta, adesso che ho finito di leggere Revival penso che queste forme stanno benissimo laggiù, sepolte nella dimensione al di là dell’inconscio dal quale provvedono a turbare i sonni degli uomini, anche quelli di buona volontà come quel reverendo Jacobs meravigliosamente tratteggiato dal Re. Perché se proprio volete prostrarvi per invocare e adorare la Grande Letteratura, se proprio vogliamo trasformare la nostra passione in una mistica preghiera, allora è meglio fare attenzione, ci racconta Stephen King in Revival. Ciò che si cela dietro il reame del fulmine e delle parole scintillanti potrebbe riservarci qualche sgradita sorpresa.
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