La verità. Ho sempre sentito utilizzare questa parola. Me la chiedevano da bambino per contrapporla alle piccole bugie che ogni tanto dicevo per salvarmi da una punizione. La chiede l’ammalato: mi dica, dottore, come sono messo, la verità la prego. La devi dire a tuo figlio quando sei costretto a dover parlare di Babbo Natale o di come nascono i bambini.
La verità, con gli anni, ho imparato che è un bene prezioso, talmente prezioso che mi vien da pensare che nel mondo non ce ne sia più così tanta e che prima o dopo dovremo mandare navicelle spaziali stipate di esseri umani disposti a sacrificare la propria esistenza alla sua ricerca.
La verità è relativa. La verità la tramanda il vincitore, non lo sconfitto, la verità fa male ed è per questo che non te la dico. La verità non riusciresti a gestirla, me la tengo per me. Amore, dimmi la verità, perché mi hai lasciato?
La verità? La massa non può reggere la verità, il singolo forse, ma non la massa, la massa è ignorante.
E l’Italia che in questo mondo è incastonata? Quale è il rapporto con la verità?
Io non possiedo la verità, non sono arrogante al punto da dirvi che quello che penso è vero e puro. Per inciso, questo sembra essere lo sport dominante e di solito la tecnica più vincente prevede un graduale aumento della voce fino a schiacciare l’avversario con urla, sputi e gesti violenti. Non ho la verità, dicevo, ma un po’ di idee me le sono pur fatte negli anni.
Alla fine, più ci penso e più sono convinto che l’Italia sia un posto in cui la verità non è mai riuscita ad attecchire. Sembra che si sia una volontà incrostata al nostro DNA di non voler arrivare fino in fondo alle cose. Quasi a volerla seppellire sotto sei piedi di terra. I motivi, non li conosco, li intuisco, ma non li dico perché potrebbero non corrispondere a verità.
Qualche giorno fa è morto Andreotti, il primo scontro si è avuto subito. Andreotti un grande statista, Andreotti un colluso con la mafia. La verità, mi dicono, potrebbe avere dimora pure nel mezzo.
Ma la morte di Andreotti ne ha fatte uscire altre, quasi come se tirando un filo da un cassetto vi accorgeste che ci sono delle piccole perline attaccate. Una dopo l’altra queste perline vengono alla luce. Falcone e Borsellino, Aldo Moro, Piazza Fontana, la strage di Bologna, gli anni di piombo, il terrorismo di destra e di sinistra, Ustica…
Poi la mente parte, si posa su Cogne, Perugia, Avetrana e mi dico che, non importa quanti plastici uno possa fare, la verità non sta di casa in Italia.
Denise Pipitone, Emanuela Orlandi, Mirella Gregori…sono vite scomparse di cui non sappiamo più nulla. Sono volti che hanno vissuto al di fuori delle fotografie e che hanno persone che continuano ad aspettare una conclusione alle loro storie.
Andreotti, nell’immaginario comune, sembra (sembrava) essere il depositario di tutte le verità più oscure della Repubblica. Non è un caso che sui social si sia scatenata una lotta a chi faceva la battuta più divertente sulle cose che il buon Giulio sapeva. Filo conduttore dal tempo dei padri fondatori fino ad oggi, non c’è una fotografia che immortali un momento importante per l’Italia in cui la sua faccia furba non compaia. Eppure, ora è morto. La verità quindi andrà perduta? Faceva comodo investire quel piccolo politico di un compito che, in fondo, ci faceva sperare che da qualche parte qualcosa di vero ci fosse. Che qualcuno sapesse. Perché ho l’impressione che ci sia lì fuori una piccola minoranza a cui importi davvero sapere come stanno realmente le cose.
Infondo, il mio terrore più grande in questa faccenda è che gli italiani siano talmente abituati a vivere nella menzogna da non avere più bisogno del vero. Per cui, i titoli di giornale sistemati ad arte per travisare le parole dell’intervistato, le parole di qualche politico che smentiscono ciò che appena mezzora prima aveva affermato, il continuo riciclo di notizie alle quali, di volta in volta si aggiungono particolari sempre più morbosi non ci rende più vicini alla verità, ci rende più schiavi della menzogna. E l’ultimo passo di questo terrore sarebbe rendersi conto, che la menzogna è diventata una droga da cui nessuno ci può disintossicare.
L’Italia sembra essere il paese senza verità, ci sono troppe trame aperte, troppi finali da scrivere o da riscrivere, troppe persone che aspettano. E io, ingenuo come sono, amante dei film e dei libri che prima o poi si concludono, aspetto con speranza che arrivi un bravo sceneggiatore ad annodare tutti questi fili sparsi.
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