Questa è la terza recensione che scrivo su Francesco Muzzopappa, mi manca il primo libro che ha scritto, per il resto ho letto le sue ultime tre opere. Scrivere qualcosa di nuovo su un autore, dopo due recensioni è sempre un’impresa. Corro il rischio di ripetermi. Corro il rischio di esagerare con l’intento di proporre qualcosa di nuovo. Per cui, conscio degli errori che rischio di fare, cercherò di stare tranquillo e di scrivere ciò che mi viene in mente senza sparare fuochi d’artificio.
Heidi in realtà ci chiama Chiara. A chiamarla Heidi, proprio come il personaggio del noto cartone animato giapponese ambientato nelle Alpi (boh) è il padre. Il padre che è tempo è stato un temuto e rispettato critico letterario dalla cultura immensa e che ora vive in un mondo parallelo fatto di capretto, balle di fieno, il cane Nebbia e Peter. È la malattia ad averlo ridotto così. Chiara se lo trova in casa proprio nel momento in cui al lavoro le cose stanno precipitando a causa del nuovo capo soprannominato Yeti. Una testa di cazzo, senza tanti giri di parole. Chiara lavora per una ditta che si occupa di proporre ai reality show i concorrenti e contemporaneamente di creare dei format. Più sono assurdi e bizzarri e meglio è. Più sono idioti e più avranno il loro pubblico. Per sistemare il padre Chiara decide di rivolgersi ad un servizio di badanti. Ecco che in casa arriva Thomas. Il Peter che il padre stava aspettando. Da qui in poi tutto cambierà e nulla sarà più lo stesso.
Questa è a grandi linee la trama di “Heidi“. La trama da sola però non riesce a spiegare il successo di Muzzopappa in Italia e all’estero (i suoi libri vengono puntualmente tradotti in francese). La chiave di tutto è nel tono che Muzzopappa usa per raccontare le sue storie. Quella leggerezza che lentamente ti conquista anche quando ti sta raccontando qualcosa di doloroso. In “Heidi” c’è la Tv spazzatura, il lato comico del libro, quello che fa ridere più spesso è indubbiamente relegato a questo campo d’azione. Le persone a cui Chiara è costretta a fare i provini fanno parte di un assurdo campionario umano. Sembra un’esagerazione, ma in realtà ciò che Muzzopappa descrive non credo sia molto distante dalla realtà dei fatti. Ad un certo punto Chiara dice che uno dei personaggi dovrebbe pensare di trovarsi un vero lavoro. In questa frase è rinchiuso il mio pensiero nei confronti del trash.
Ma sgomberato il campo da questa schifezza a base di format e mancanza di cultura, Muzzopappa affronta un tema tosto. La mancanza di una struttura sociale che aiuti chi ne ha bisogno. Il padre di Chiara viene cacciato da una casa di cura perché non sono tollerati gli scatti d’ira. Ira che a casa non dimostra. Ira che nasce dal modo in cui le persone nella sua condizione vengono trattate. La figura del padre è commovente. Ha perso ricordi, non è più autosufficiente eppure è ancorato ad un passato che gli ricorda l’importanza che aveva. Il rapporto con la figlia è viziato dal rapporto che i due avevano quando Chiara era bambina. Una mancanza di affetto che ora in qualche modo influenza le scelte di Chiara.
Non è facile far ridere con la narrativa. È una cosa che dico spesso, soprattutto davanti a tentativi che falliscono clamorosamente. Muzzopappa però sa come si fa e sa come si mescola il tragico con il comico. Le risate che provoca non sono mai fini a se stesse, nascondono sempre un contenuto. Speriamo adesso che si metta a scrivere tragedie perché la prossima volta potrei davvero non aver più nulla di nuovo da dire.
Premio Massimo Troisi 2017 con il romanzo Dente per dente, è uno tra i più conosciuti e apprezzati copywriter italiani. Per la categoria in cui eccelle, le pubblicità radiofoniche, ha vinto numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero. Sempre con Fazi Editore ha pubblicato nel 2013 Una posizione scomoda e nel 2014 Affari di famiglia. Tutti i libri sono stati tradotti in Francia dall’editore Autrement riscuotendo un grande successo di critica e di pubblico. Heidi è il suo quarto romanzo.