Introduzione di un nuovo personaggio:
Ho questo mio amico, che in realtà è più che altro un conoscente, nel senso che lo conosco, so come si chiama e poco altro. Si chiama, appunto, Lars Keniota e lavora nella stessa città in cui lavoro io. Non so di preciso dove abiti, io l’avevo notato in stazione, i nostri treni arrivano su binari attigui e a pochi minuti di distanza. Un giorno ha attaccato bottone. Era curioso, mi ha detto. Curioso di che, chiedo io. Curioso di capire perché avessi in mano un libro diverso quasi ogni giorno. Voleva sepere se leggevo per mestiere. Allora gli ho spiegato la cosa del blog, gli ho detto che leggo per piacere e che con altrettanto piacere recensisco i libri. Da quel giorno, ogni volta che mi becca a scendere dal treno facciamo la strada assieme fino a dove lavoro e vuole che gli racconti qualcosa dei libri che leggo. Raccontami perché ti è piaciuto sto libro mi dice. E io racconto, perché Lars Keniota ha la faccia che hanno quelli che sanno ascoltare davvero.
Paratesto:
I libri Nottetempo sono distese di gesso, ti ci rotoli sopra e qualcosa rimane sempre, perché il gesso si infila ovunque, ma va bene così, perché in fondo è bianco, sembra puro, eppoi il gesso ci sta, delimita il campo da gioco, un campo in cui io e te giochiamo ad un gioco che ha delle regole e degli schemi che nessuno capisce bene come funzionano. L’importante sembra essere cacciare la palla in rete.
Testo:
A Lars inizio con il dire cosa mi piace della copertina, perché la copertina ti porta dentro al libro e il libro è una casa che ti ospita per un po’ e tu non ci entreresti volentieri in una casa che ha un portone scrostrato e malconcio. Non ti darebbe fiducia.
Mi chiedo cosa mi rappresentano quei due vestiti d’erba tracciati con il gesso e io gli rispondo che il verde per me è vita, l’erba è vita e il fatto che il gesso delimiti il centrocampo mi fa pensare che la vita è un gioco e che le regole, da qualche parte, ci sono.
Lars, gli dico, hai presente quando da ragazzini eravamo innamorati? Ti ricordi che c’erano le cassettine, che la musica ci sembrava la forma di espressione più alta e poetica. Odiavamo imparare a memoria Leopardi, ma se ci chiedevano di cantare Baglioni sapevamo interi album a memoria? Ti ricordi che per amore passavamo le ore a creare la compilation perfetta per la nostra amata, perché volevamo che ci capisse come nessuno ci aveva capito mai? Ecco, per me, questa raccolta di racconti di Giorgio Ghiotti è una cassettina fatta bene.
Lars mi guarda, lo capisco subito quando sono riuscito ad incuriosirlo e allora continuo.
La cosa strana è che nella cassettina “Dio giocava a pallone” io c’ho sentito tanto Grunge, mi sono venuti in mente i Nirvana, ovviamente, ma anche gli Suede e gli Smathing Pumpkins, pure i Pearl Jam c’erano. Ed è strano, perché Ghiotti è nato nel 94, quando il Grunge è morto lui sapeva sì e no canticchiare la sigla dei Pokemon.
E sai cosa mi fa pensare questo? Lars fa segno di no con la testa. Mi fa pensare che certi temi sono universali, c’è, per ogni generazione, una forma di spaesamente che è simile a quella della generazione passata e pure della generazione a venire, ma che si contraddistingue per l’essere radicata nell’oggi. Ci siamo sentiti tutti persi nella vita. Ma ci sentiamo persi in modi diversi. Siccome gli occhi di Lars sembrano perdersi nel vuoto gli spiego che è come se per andare al lavoro facessimo ogni giorno una strada diversa, alla fine però arrivi sempre a quel cancello.
Nei racconti di Ghiotti c’ho trovato una lingua attuale, uno stile che porta le frasi a incastrarsi una dentro l’altra, come quando facevamo un muro di lego incastrando pezzi di colori diversi, come se la vecchia sotto casa facesse una coperta fatta di piccole pezze colorate.
Lars vuole sapere la trama, ma la trama dei racconti non va svelata quasi mai perché sennò li rovini a tutti. E allora gli dico di cosa parlano, secono me. Secondo me? chiede lui. Sì, faccio, Lars, io ti posso dire di cosa hanno parlato a me i racconti di Ghiotti, non di cosa parlano in senso generale. Mica lo so cosa volesse dire l’autore, ma secondo me nemmeno gli autori, quando scrivono, hanno pieno controllo sulle cose che dicono.
Parlano di amicizia che fai fatica a mantenere perché la vita ti porta alla deriva. Di amori che sono immortali.. Di paura di fallire, perché ti hanno insegnato che fallire è peccato. Della ricerca di qualche certezza, di qualcosa che ti spieghi che posto occupi nel mondo. Parlano di amore, di passioni giovanili, quelle passioni che sembrano esplodere come una supernova e che tra venti anni, ti ricorderai ancora con la stessa intensità.
Parlano di quanto è difficile non avere il manuale di istruzione.
Lars è soddisfatto, mi saluta al cancello e prosegue lentamente verso la sua destinazione, qualsiasi essa sia.
Coordinate:
Nottetempo mi stupisce. Aldilà del fatto che amo avere in mano i loro libri, vuoi per la morbidezza, vuoi per le copertine, quelle immagini che sbucano da un nulla bianco. Mi stupiscono anche perché hanno un catalogo in cui l’autore italiano ha un posto di privilegio, non è un riempitivo, è un attore protagonista affianco ai nomi internazionali. Aggiungo. Su questo libro c’è la mano sapiente di Chiara Valerio ed è un biglietto da visita molto importante.
Ho provato a convincere Lars che Giorgio Ghiotti mi stava sulle scatole. Mi ha chiesto il perché, era ovvio. Gli ho detto che mi stava sulle scatole perché era tanto giovane e tanto bravo e anche io volevo tornare ad essere giovane e bravo. Lars ha sorriso, quel sorriso che ha chi rimpiange il tempo passato. Poi mi ha detto: è giusto che adesso lasciamo strada ai giovani.
Ed è vero. Ghiotti ha un modo di descrivere la vita molto particolare, molto suo. Io ho l’impressione che, dal punto di vista dello stile sia ad un passo dal far quadrare il cerchio. Anzi, magari c’è riuscito proprio in questo momento. Spero di poter leggere presto un’altra sua opera, l’ho messo nel gruppo degli autori giovani che seguirò da vicino per poter dire: te lo dicevo io che era uno dei grandi.
Giorgio Ghiotti, finalista al Campiello Giovani nel 2011 e nel 2012, è nato nel 1994 a Roma, dove ha appena preso la maturità classica al liceo Manara e si è iscritto a Lettere moderne presso l’Università La Sapienza di Roma.