Ogni giorno siamo bombardati dai numeri. Pil, rapporto deficit/pil, donne uccise, uomini ammazzati, morti nelle stragi, feriti negli scontri, aziende che chiudono, tasso di disoccupazione. Numeri che raccontano e fotografano la realtà contemporanea, ma che perdono di vista l’individuo, la persona. Dietro a quei numeri c’è qualcosa di più profondo, ci sono delle storie, dei drammi, che segnano e cambiano la vita di molti essere umani.
Questi numeri non sono solamente utili per le statistiche, per i governanti che sulla base di quelle cifre devono prendere delle decisioni, per i sociologi e giornalisti che aggiornano il computo totale delle vittime della follia di noi uomini. Quei numeri sono delle persone, si riferiscono sempre alla vita reale. Se lo spread sale, il Pil scende, le aziende chiudono, i disoccupati aumentano, i giovani non trovano lavoro, ci sono sempre e solamente conseguenze sulla realtà di ognuno di noi. I fenomeni macro economici-sociali che condizionano il micro – che poi è il nostro tutto -, la pazzia di un uomo che distrugge la vita di famiglie.
Troppo facile fermarsi ai numeri. Non ti urtano, non ti smuovono la coscienza. Sono freddi. Non caldi, come il corpo di noi uomini. Anche nel giornalismo, rimettere al centro di tutto la persona. Raccontare la vita, cambiare la vita, migliorare la vita. E forse le cose andranno un po’ meglio.