Dettagli Da Oscar

by senzaudio

Nel 1492 Leonardo e Michelangelo, tra gli altri, sono impegnati con il loro talento universale a definire  il periodo più luminoso della nostra storia. Dall’altra parte dell’oceano, negli stessi istanti, continua un altro viaggio quello della nostra decadenza, una discesa lenta ma continua e inarrestabile. La lentezza necessaria, descritta soprattutto da Jep che mangia e beve piano, parla con calma e distacco, specialmente cammina molto lentamente, in modo quasi innaturale; perchè la discesa nel degrado è lenta e perchè l’occhio può prestare maggiore attenzione alla bellezza. La bellezza si coglie con attenzione, appunto con lentezza, non si può avere fretta nella contemplazione o nel ricordo, la bellezza per essere scoperta nell’intimo, va prima compresa nei contorni. Questa lentezza nella contemplazione è una forma di teatralità semplice e sorprendente, colori e forme, luci, vestiti, volti e opere d’arte, e sopra tutto la staticità dei dialoghi. E per dare maggiore corpo al formato teatrale del suo film, Sorrentino sceglie un attore tra i più talentuosi al mondo, Servillo, che ha ammesso di sentirsi prestato, dal teatro, al cinema. Servillo predilige il contatto diretto con il pubblico che il teatro garantisce, ed è evidente. La sensazione è proprio quella di assistere ad una rappresentazione teatrale vicina e vivissima, e non ad un film differito. Questa sensazione è acuita dalla musica.

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La colonna sonora è corpo stesso di queste visioni teatrali, di una perfezione rarissima: non vi è un solo frammento di immagine che non sia in totale armonia con la fascinazione delle note. Queste magie mettono a nudo una caratteristica straordinaria dei personaggi, il vuoto totale di sentimento. Quasi angoscia.Non appaiono amore, amicizia, condivisione, nemmeno gioia nel piacere, soltanto egoismo e piacere di se stessi, superficialità, bruttezze assolute rispetto a tutto ciò che, con lentezza e precisione, appare nella narrazione scenica. Rimangono nudi anche i dialoghi comunissimi, ma con citazioni visive e linguistiche degne dei più grandi di questo modo di tracciare cinema: Peter Greenaway, Sergio Leone, Tim Burton. Dialoghi semplici poichè l’emozione del messaggio non nasce dalle parole ma dai simboli. E sono i simboli che, nel 2014, Sorrentino usa per denunciare la nostra condizione di decadenza, degrado e pochezza. Lenta discesa, continua e profonda, nell’attesa di poggiare i piedi. Il vecchio detto ” I grandi registi fanno solo grandi film” vale ancora? Vale, vale ancora, soprattutto per La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino.

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