Devo essere onesto, da quando ho aperto Senzaudio circa cinque anni fa mi è capitato più di una volta di dover testimoniare la morte di qualche casa editrice. Alcune nemmeno tanto piccole e con un catalogo davvero interessante e pieno di piccoli gioielli. Altre magari meno visto, ma sempre importanti. Fortunatamente mi è capitato più spesso di testimoniare la nascita di nuove realtà editoriali. Tra queste ce ne sono stata anche alcune che hanno avuto un inizio folgorante e una crescita esponenziale. Tra le nascite di questo periodo mi piace segnalare la nuova casa editrice Divergenze. Nata da qualche mese ha già all’attivo quattro opere, tra cui un testo teatrale. Il coraggio non manca, evidentemente. Considerando che Divergenze ha un occhio di riguardo nei confronti delle riscoperte letterarie.
Il primo titolo proposto da questo nuovo editore è “La trappola” di Delfino Cinelli. L’opera di Cinelli è stata pubblicata per la prima volta nel 1928. Ora, ci si potrebbe aspettare, visti novant’anni che ci separano dalla prima edizione, che questo libro sia anacronistico o, perlomeno, datato. Niente di tutto ciò A partire dalla scrittura di Delfino Cinelli. Una scrittura veloce e ritmata che ti fa bruciare una pagina dopo l’altra. Uno stile che vorrei definire moderno e che, me lo chiedo sinceramente, vorrei tanto sapere l’effetto che fece nel 1928.
Il libro racconta la storia che gira attorno ad un gruppo di giovani. Tra loro alcuni aristocratici capeggiato dal Marchese Paolo Martorelli di Ciciano, diciamo elementi con uno stile di vita che colpirebbe anche oggi e poi, anche persona comuni. Il tutto ambientato in quella meravigliosa terra che è la Toscana. A farla da padrona però, all’interno della storia, come collante per la trama, abbiamo Armida. Una ragazza di paese seducente che sa come utilizzare le proprie doti. Sposata con il bottegaio “Pulce” e oggetto delle mire del marchese il quale, quasi per ripicca, gioca un brutto tiro al bottegaio/bracconiere che si trasforma in qualcosa di ben più grave di una semplice goliardata. Appunto, “La trappola”. Ora vi potete immaginare cosa possa succedere quando attorno ad una bella ragazza si accapigliano degli uomini. Ma non c’è solo un motivo per avercela con “Pulce”, anche Stefano, il fidato braccio destro del Marchese, ha qualcosa da vendicare. La trama de “La trappola” si fonda anche su questo elemento, ma secondo me spicca il volo grazie all’ambientazione che Cinelli fornisce alla sua storia. Quella Toscana, qui rappresentata da Ciciano, già citata che sembra viva e rigogliosa e pare partecipare ai giochi narrativi.
Delfino Cinelli era uno scrittore che ci sapeva davvero fare con la lingua, forse complice anche il fatto che oltre ad essere un giornalista e uno scrittore, di mestiere faceva il traduttore. Sue sono alcune traduzioni del maestro Edgar Allan Poe. L’influenza del lavoro di traduttore si nota ne “La trappola” in quanto il libro è pervaso da una felice sensibilità linguistica.
Viene da chiedersi come mai Cinelli non abbia avuto un po’ più di luce in questi anni. Citando Bolano, immagino che alla fine, l’immortalità letteraria colga solo due e tre autori per generazione, se va bene, e a Cinelli, a quanto pare non è andata benissimo. Nell’apparato critico viene spiegata quest’assenza dal panorama letterario (e da molte biblioteche) con il fatto che Delfino Cinelli fosse una persona schiva. Non so se sia solo questo ad aver contribuito pesantemente, spero però che “Divergenze” aiuti a far conoscere l’opera di questo originalissimo scrittore.
Il libro contiene un ottimo scritto di Nicoletta Prestifilippo e un apparato critico di Matteo Basora che merita davvero di essere letto e riletto.