Chi danza scrive con il corpo, ogni singolo movimento disegna nell’aria una lettera che dà forma ad un verso che compone una poesia. La pirouette è una o che gira su sè stessa, le batterie tracciano la via che separa i puntini dalle proprie i, l’adagio scandisce un tempo lungo come un punto esclamativo.
Chi fotografa scrive con la luce, governandola si lascia guidare, vestendola di oscurità la fa brillare, le affida il compito di essere Arte.
Chi danza e fotografa è coinvolto in un subilme mènage à trois; immerso nella poesia del mondo, gli è concesso di percipire in modo diverso, di uscire della limitata visione umana e portarne dolorosamente il peso della consapevolezza.
Mickael Jou è tra questi graziati: ballerino e fotografo, nella serie Dance Self-Portraits ritrae la straordinaria poesia del quotidiano che si cela dietro l’ ordinario gesto, quella che non si ritrae di fonte a nulla e trova spazio ovunque, anche nelle corsìe di un supermercato.
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