Imbattersi in un dibattito su cosa sia o meno underground è molto meno complicato di quanto non si pensi. Basta, infatti, intraprendere un breve, quanto intenso, pellegrinaggio tra forum alternativi, pagine facebook di gruppi di musica fusion e cafè letterari per essere investiti da miriadi di post, parole, frasi, asserzioni. Se la sorte sarà amica si avrà anche la possibilità di scorgere uno dei così detti “guru dell’underground”.
Non è difficile da riconoscere. Al contrario. Mostra ben evidenti i fregi che ne indicano il grado. Solitamente si abbiglia in maniera molto appariscente ed anche molto curata, chiaramente seguendo i mood della moda alternativa del momento. Pantaloni stretti, maglioni desueti, copricapo dalla foggia più disparata, maglie a fiori, occhiali e barba incolta. Ecco, l’odierno profeta della cultura sotterranea dovrebbe indossare su per giù questi indumenti, salvo qualche integrazione personale. Comunque rara. Costui, se interpellato, ma interverrà anche quando non richiesto e magari neppure desiderato, vi saprà sciorinare tutte le caratteristiche che deve avere una qualsiasi produzione artistica per potersi definire underground.
Il punto sarebbe riuscire a capire perché qualcosa abbia diritto a rientrare in questa ambitissima categoria.Come può definirsi controcorrente qualcosa che in realtà non fa altro che accodarsi ad un flusso principale? Parlando di tale spinoso tema, infatti, è usuale correre il rischio di cadere nella terribile contraddizione del dissenso conformato. Dell’anticonformista seriale, che ha tramutato l’infrazione in pura apparenza. In un’abitudine. Piegandola su se stessa, atrofizzandola, rendendola, in sintesi, scevra di significato. Ma così facendo il ribelle diviene nulla di più che un luogo comune e perpetrandolo si ricade negli errori e negli schemi del sistema che si voleva infrangere. Chi è underground dunque? Chi lo è per comodo, per pura formalità, per gusto estetico e chi lo è per se stesso, senza rendersene conto? Risposta scontata. Non si può, alla luce dei fatti, dare una definizione omnicomprensiva.
Tutto può essere underground. Basta che sia sentito. Diretta profusione dell’artista, che infrange la conformità sociale e artistica per assecondare il suo sentire. E lo fa non avendone coscienza. Perchè non può far altro. In questo ordine di idee non importa che sia la voce graffiante di Robert Plant, o quella roca e sofferta di De Andrè oppure ancora il genio artistico schizofrenico di Duchamp, perché qualsiasi oggetto d’arte può assurgere a tale sottogenere. L’underground è una categoria trascendente, che va oltre l’opera d’arte in sè, configurandosi con lo spirito che l’ha prodotta. Quindi cari artisti alternativi, indipendenti, hipster eccetera. Non impegnatevi ad essere fuori dagli schemi, perchè altrimenti sareste l’esatta normalità. Siate voi stessi. Dipingete, cantate, scrivete voi stessi. Allora, forse, potrete dirvi underground.
1 comment
Ho scoperto di essere underground adesso non lo sapevo neanche