In questa sezione potete trovare tutte le recensioni ai libri indipendenti e non scritte dai collaboratori di Senzaudio sulle ultime uscite. Recensioni che si occupano di rispolverare qualche grande classico, recensioni di libri pubblicati da case editrici enormi, ma principalmente da piccole e medie case editrici indipendenti.
Lo scopo è quello di mostrare ai lettori del sito una diversità di panorama e la vitalità che c’è nel mondo dell’editoria italiana.
Sotto questa categoria operano tutti i collaboratori del sito quando si occupano di recensioni. Ognuno di loro ha uno stile personale ed unico, ma il concetto alla base è sempre lo stesso. Leggete.
Temo che finirò con il ripetermi, ma credo sia una cosa quasi inevitabile quando si segue un editore così da vicino, talmente vicino da aver letto il novanta per cento dei libri che ha pubblicato. Il fatto è che quando leggi così tanti volumi di uno stesso editore significa, almeno per me, che c’è una forte sintonia legata ai gusti letterari e che l’editore è diventato sinonimo di una certa qualità letteraria. Non mi capita spessissimo, credo che ci siano altri tre o quattro case editrici con cui ho un rapporto simile, ma quello di oggi è Prehistorica Editore e il libro di cui voglio parlare è “24 volte la verità” di Raphaël Meltz.
Nei mesi scorsi mi è capitato due o tre volte di finire un romanzo Prehistorica e di pensare che fosse il migliore che avevano pubblicato. Mi è capitato con “Colpo gobbo” di Franz Bartelt, prima ancora con “Dino Eggers” di Eric Chevillard e ancora prima con “Santo cielo” sempre di Chevillard. Ho fatto tre esempi di letture che mi hanno soddisfatto molto e il quarto esempio è proprio il libro di oggi.
“24 volte la verità” è diverso dai libri che ho citato, lo si capisce fin dall’inizio. Il tono è più solenne, c’è una vena di malinconia che pervade le pagine. Questo romanzo racconta due storie che finiscono per intrecciarsi. La prima storia ha a che fare con Gabriel e ci racconta la sua vita fin dall’infanzia, fin da quando ha fatto conoscenza con la prima cinepresa nei primi anni del ‘900, ma anche da quando ha perso la sorella maggiore. L’altra storia è quella di Adrien, uno giornalista/scrittore contemporaneo e nipote di Gabriel.
Il libro si sviluppa su due binari e i capitoli sono alternati. Nei capitoli indicati con l’anno si seguono le vicissitudini di Gabriel, in quelli che invece hanno un’indicazione topografica (e qui si susseguono i nomi delle città) si racconta la vita di Adrien. Questa è una delle scelte stilistiche adottate da Raphaël Meltz per separare i due filoni narrativi. L’altra ha a che fare con la persona con cui Meltz ha scelto di raccontare le storie. Gabriel è seguito da una terza persona molto focalizzata su di lui, mentre Adrien ha una prima persona molto critica nei confronti di ciò che accade attorno a lui.
La terza persona di Gabriel lo segue fin dagli albori del cinema. Gabriel è quello che potremmo definire un appassionato che è riuscito a fare un lavoro della propria passione. Diventa operatore cinematografico e per lui, filmare, è quasi una missione. Attraverso la sua telecamera passano alcuni dei momenti più importati della storia mondiale, uno tra tutti la liberazione da parte degli alleati dei campi di concentramento. Immagini che Gabriel non riesce più a togliersi di dosso. Lo scorrere del tempo scandito dai nomi dei capitoli ci mostra lo scorrere della storia stessa, ci dà l’idea che il tempo stia passando e che in effetti ci sia un’evoluzione, mentre dall’altra parte abbiamo Adrien che è specializzato in articoli che parlano di tecnologia, e quindi di progresso e quindi, ancora di quella che si potrebbe considerare un’evoluzione, ma i capitoli scanditi dai nomi delle città danno l’impressione che Adrien stia descrivendo un eterno presente da cui è impossibile smarcarsi.
E in tutto questo c’è il romanzo che Adrien ha deciso di scrivere su Gabriel, suo nonno.
Il romanzo “24 volte la verità”, a proposito, 24 è il numero dei fotogrammi al minuto con cui Gabriel preferiva filmare, è un’opera intrisa di filosofia. C’è in queste pagine la ricerca della verità, ma anche la ricerca del significato del tempo in cui viviamo partendo dallo studio del tempo che abbiamo vissuto. Le conquiste storiche, come per esempio la liberazione della Francia dai nazisti, vengono sostituite dalle conquiste tecnologiche che al motto di “più connessi più liberi” in realtà ci stanno vincolando a un modello di vita in cui l’esperienza soggettiva viene inghiottita dall’esperienza collettiva facendo perdere di vista il sé.
Sono stato particolarmente sorpreso dalla scrittura di Raphaël Meltz. Nonostante le due parti del romanzo, con andamento alternato, abbiano anche un tono diverso, la qualità della scrittura di Maltz è ottima e fa procedere la lettura con estremo piacere. Le due vite da un lato vengono tenute separate, ma dall’altro è impossibile non notare un dialogo costante tra Gabriel e Andrien. Sullo sfondo poi c’è Antonio, un amico di Adrien, che si sta cimentando nell’impresa di capire la data esatta in cui il cinema è morto. Trovo molto significativo questo compito perché si tratta di capire quando è morta un’arte che Gabriel ha visto nascere.
I motivi per cui ho apprezzato questo romanzo sono molteplici per cui se siete amanti delle narrazioni non lineari, se amate le belle storie e la bella scrittura, se vi piacciono le riflessioni filosofiche che hanno a che fare sia con il passato che con il presente allora “24 volte la verità” fa al caso vostro.
Traduzione di Alice Laverda.
Raphaël Meltz (1975) è uno scrittore raro, estremamente eclettico. È autore di svariati racconti, saggi e romanzi; per un fumetto, è stato recentemente premiato al Festival ’Angoulême. Ha cofondato e codiretto la rivista “R deréel” e il magazine “Le Tigre”. Dal 2013 al 2017 ha prestato servizio come addetto culturale presso l’Ambasciata di Francia in Messico. Significative le parole di Frédéric Martin, il suo editore francese (Le Tripode): “Meltz è un Don Chisciotte, una persona dal bagaglio intellettuale molto vasto, che ora potrebbe trovarsi negli uffici ministeriali o seduto a una cattedra universitaria, ma che ha scelto una forma di resistenza.”